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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-29 ad oggi 2010-04-29 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)Campania, conti in rosso 10 mila stipendi bloccati Spirale debiti-pignoramenti all'Asl. Caldoro si appella a Roma. Proteste negli ospedali. Bassolino reagisce alle accuse: nessun buco, abbiamo solo accelerato i paga-menti ai creditori NAPOLI - Non c'è un euro, "abbiamo un debito di oltre 2 miliardi". Così nei giorni scorsi il neopresidente della Campania, Stefano Caldoro, ha annunciato che il suo ingresso nelle stanze che erano state di Antonio Bassolino non poteva essere peggiore. Un allarme finanziario che lo stesso Caldoro ha paragonato alla crisi greca. Ben 10 mila dipendenti dell'Azienda sanitaria Napoli 1, quella del capoluogo, la più grande d'Europa, hanno avuto gli stipendi bloccati dal pignoramento che il Tribunale di Napoli ha disposto accogliendo il ricorso dei tanti creditori della Asl. I fondi, 330 milioni in tutto, di cui 68 relativi allo stipendio mensile effettivamente non erogato, sono stati bloccati presso la Tesoreria del Banco di Napoli, che fornisce le anticipazioni di cassa alla Asl, con una diffida a girarli alla azienda sanitaria. |
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INCHIESTA G8 Perugia, gli 80 assegni che accusano Scajola Dalle carte dell'inchiesta nuove accuse a Balducci jr. E spuntano conti all'estero. Una nuova ipotesi di corruzione a carico di Rinaldi, commissario per i Mondiali di nuoto. Zampolini conferma ai pm: 900mila euro in nero per la casa del ministro PERUGIA - Il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ha mentito. Non è vero - come ha sostenuto replicando alla ricostruzione di "Repubblica" del 23 e 24 aprile scorso - che per comprare la casa che oggi abita a Roma si limitò ad accendere un mutuo di circa 600 mila euro e ad impegnare pochi contanti tratti dal suo conto corrente. Il 6 luglio del 2004, per acquistare la sua abitazione al civico 2 di via del Fagutale, è stata decisiva - come questo giornale ha riferito - una provvista in nero di 900 mila euro messa a disposizione dal costruttore Diego Anemone attraverso il suo architetto e progettista Angelo Zampolini. 28 aprile 2010 Il Giornale attacca "la suocera" di Fini, ma Berlusconi difende Gianfranco Il Giornale attacca "la suocera" di Fini Il Giornale diretto da Vittorio Feltri, di proprietà del fratello del premier Silvio Berlusconi, nell'edizione in edicola torna ad attaccare il presidente della Camera Gianfranco Fini, cofondatore del Partito delle Libertà. Lo fa dedicandogli l'apertura della prima pagina, prendendo di mira questa volta la madre di Elisabetta Tulliani, attuale compagna dell'ex leader di An, titolare di una società che cura la produzione di un programma televisivo su Rai Uno. Scrive Il Giornale, nella firma di Laura Rio, che tra i produttori della tv di stato "c'è fibrillazione per la rottura tra finiani e berlusconiani". Tra di essi c'è anche "Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini Elisabetta. Al "cognato" Tulliani, attraverso un intricato sistema di società, è riconducibile la realizzazione di una parte di Festa italiana, programma del pomeriggio condotto da Caterina Balivo su Rai Uno, la rete diretta dal finiano doc Mauro Mazza. Lo spazio si chiama, Per capirti una sorta di talk dedicato al rapporto tra genitori e figli (...). Un lavoretto che viene lautamente ricompensato: un milione e mezzo di euro. Precisamente ottomila euro a puntata per 183 puntate (...). |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero
(Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):…..
Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-29 ad oggi 2010-04-29 |
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-05-02
2010-04-30 30 APRILE 2010 L'INCHIESTA Scajola ora contrattacca: non mi faccio intimidire Da qualche giorno la notizia circolava sui giornali. Ma ieri mattina sono arrivati i particolari. Piuttosto scabrosi. Una coda velenosa dell’inchiesta sugli appalti alla Maddalena ha coinvolto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. Che, allo stato, non risulta indagato ma che, secondo riscontri circostanziati, avrebbe pagato parte di un appartamento a Roma, da destinare alla figlia, con ottanta assegni circolari, dal valore complessivo di 900mila euro, provenienti da un conto corrente riconducibile al plurindagato costruttore Diego Anemone, in carcere per i fattacci emersi sugli appalti del G8 e sul vorticoso giro di denaro verso dirigenti pubblici. Scajola, nei giorni scorsi, aveva negato decisamente questa versione dei fatti, confermando che l’appartamento era stato pagato solo 600mila euro prelevati dal suo conto corrente. Ma i due ex comproprietari dell’appartamento, ascoltati come testimoni dalla procura di Perugia, hanno invece ammesso di aver ricevuto gli assegni direttamente da Scajola durante un incontro al ministero; gli assegni circolari dovevano servire a saldare la quota non dichiarata del valore complessivo dell’appartamento, denunciato per 600mila euro, ma pagato 1 milione e mezzo. Scajola ieri mattina si è difeso attaccando: "Non mi lascio intimidire. Nella vita possono capitare cose incomprensibili. E questa è addirittura sconvolgente. Colpisce con una violenza senza precedenti il mio privato e la mia famiglia. Registro un attacco infondato e senza spiegazione, per una vicenda nella quale non sono indagato". Nessuna parola sul merito specifico delle accuse, ma rispetto e silenzio nei riguardi "dei magistrati che indagano". Il mondo politico si è subito spaccato in due: da tutti i big del centrodestra solidarietà piena e incondizionata al ministro "al di sopra di ogni sospetto" e "stupore" per l’attacco giudiziario-mediatico; dalle opposizioni l’invito a lasciare il ministero (Di Pietro) o la richiesta di saperne di più: la capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro ha invitato il ministro a recarsi in aula per fornire chiarimenti al Parlamento. Scajola si è presentato nel pomeriggio di ieri a Palazzo Grazioli e ha messo sul tavolo del presidente del Consiglio l’ipotesi di dimissioni. "Così – ha detto – finiranno di attaccare me e il governo". Ma Silvio Berlusconi l’ha subito fermato: "Caro Claudio, stai sereno. Devi resistere qualche settimana, poi succederà come per Bertolaso: finirà tutto in una bolla di sapone". Giovanni Grasso
2010-04-29
IL GIORNALE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.ilgiornale.it2010-04-30 La Rai, le fiction e i parenti dei politici: quei 6 milioni alla moglie di Bocchino di Laura Rio Non solo la "suocera" di Fini, ma anche la consorte del suo fedelissimo ha ottenuto ricchi appalti dalla Tv di Stato. L'ultima fatica della sua casa di produzione sarà la fiction "La Narcotici", in onda a ottobre su Raidue Strumenti utili Carattere Per salvare l'articolo è necessario effettuare il login Salva l'articolo Invia a un amico Stampa Rss Condividi su Facebook Condividi su Twitter Se la "suocera" di Gianfranco Fini viene pagata dalla Rai un milione e mezzo di euro, la moglie di Italo Bocchino, il vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera che si è dimesso ieri, ne guadagna sei. E ne riceverà anche di più se un altro progetto andrà in porto. La consorte del finiano "rissoso", Gabriella Buontempo, è titolare di una società, la Goodtime Enterprise, che da tempo lavora per la Tv di Stato, producendo fiction, ramo d’oro dell’azienda. L’ultimo contratto ottenuto riguarda una serie in sei puntate intitolata La Narcotici, fiction d’azione che racconta le gesta di una squadra di polizia che lotta controla droga e la corruzione (regia di Michele Soavi, nel cast Ricky Memphis). La serie, attualmente in produzione, andrà in onda in autunno su Raidue. Budget, in linea con i costi della fiction per la seconda rete, circa sei milioni: un milione a puntata per sei puntate. Nel paniere della Goodtime ci sonoaltre serie come Il grande Torino, andata in onda nel 2005 con successo d’ascolti, Le ali e La stagione dei delitti. E per l’autunno, come abbiamo raccontato nei giorniscorsi, la moglie di Bocchino era in procinto di ottenere la realizzazione di un altro programma importante: uno show ideato da Baudo. A metà tra fiction e intrattenimento, doveva raccontare in quattro puntate di prima serata i grandi fatti della cronaca (dagli amori ai gialli) attraverso delle docufiction. Insomma, Baudo, per illustrare meglio le sue storie avrebbe usato dei filmati, un po’ come faceva Santoro. Quando il direttore di Raiuno Mauro Mazza ha visto il progetto di Pippo, lui (finianodoc) ha pensato di girare l’incarico alla Buontempo, che di fiction se ne intende. La società della moglie di Bocchino in un primo tempo aveva proposto un pacchetto chiavi in mano di tutto il programma, si dice a un costo, di mercato, di circa 800mila euro a serata: alla fine si era convenuto che sarebbe stato meglio produrre internamente lo show (visto che la Rai è assolutamente in grado di farlo) affidando alla Goodtime la realizzazione delle sole docufiction. Ora, dopo la bufera finiana, non si sa se questo progetto andrà in porto: in un primo tempo è stato spostato da settembre-ottobre a novembre-dicembre e ora chissà. Nel frattempo, il direttore di Raiuno Mazza è andato in vacanza in Sudafrica. Tornerà la prossima settimana, nei giorni di fuoco per la definizione dei palinsesti della prossima stagione che, di solito, vengono presentati agli inserzionisti pubblicitari e alla stampa agli inizi di giugno. E, si sa, nella Tv pubblica, sulla distribuzione delle produzioni alle società esterne e sulla scelta di star e starlette, influiscono molto le diatribe politiche e le posizioni di potere. Probabile che la rottura tra Fini e Berlusconi avrà delle conseguenze. Vediamo quali altri amici e parenti del presidente della Camera hanno contratti con la Tvpubblica. La famiglia più vicina alla terza carica dello Stato è quella di Elisabetta Tulliani, compagna di Fini. La società intestata alla mamma di Elisabetta, Francesca Frau, come abbiamo detto con grande evidenza l’altro ieri, realizza per il pomeriggio di Raiuno una parte del programma Festa italiana condotto da Caterina Balivo. Ma, come abbiamo dimostrato, attraverso un intreccio di società (tutte domiciliate in viale Mazzini 114, cioè a pochi passi dalla sede centrale della Rai), dietro la signora Frau c’è il figlio Giancarlo, fratello di Elisabetta. L’aspetto particolare, in tutto questo,è che le società sono sorte da pochi anni, più o meno da quando la signora Tulliani si è fidanzata con Fini. Altra anomalia è che nessuno nella famiglia ha esperienza nel campo della produzione televisiva (Elisabetta ne ha come showgirl). Tra l’altro Festa italiana fino all’anno scorso veniva realizzata tutta internamente alla Rai, senza esborsi per società esterne.
2010-04-29 Rai, un milione alla "suocera" di Fini di Laura Rio La madre di Elisabetta Tulliani è la titolare della società che cura un programma di scarso share sulla prima rete. Il costo per la Rai? Un milione e mezzo di euro Strumenti utili Carattere Per salvare l'articolo è necessario effettuare il login Salva l'articolo Invia a un amico Stampa Rss Condividi su Facebook Condividi su Twitter Contenuti correlati Il virus di Fini sta sfasciando il Pdl Commenti Condividi la tua opinione con gli altri lettori de ilGiornale.it Leggi tutti i commenti (132) Log in / Registrati alla community e lascia il tuo commento aiuto Un lavoro alla "suocera" non si può negare. La "suocera" in questione è quella di Gianfranco Fini, il presidente della Camera e secessionista (per poche ore) del Pdl, le cui diatribe con il premier volano a ricaduta anche sulla Tv di Stato. Bene, l’altro giorno avevamo scritto che tra i produttori in fibrillazione per la rottura tra finiani e berlusconiani, temendo ripercussioni, c’era anche Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini, Elisabetta. Al "cognato" Tulliani, attraverso un intricato sistema di società, è riconducibile la realizzazione di una parte di Festa italiana, programma del pomeriggio condotto da Caterina Balivo su Raiuno, la rete diretta dal finiano doc Mauro Mazza. Lo spazio si chiama Per capirti, una sorta di talk dedicato al rapporto tra genitori e figli. Insomma un piede messo dentro il canale ammiraglio della Rai, un lavoretto che viene lautamente ricompensato: un milione e mezzo di euro. Precisamente ottomila euro a puntata per 183 puntate. Tra l’altro il programma della Balivo la scorsa stagione era realizzato totalmente all’interno della Rai, mentre quest’anno un pezzetto è stato appaltato all’esterno senza che ci si guadagnasse in ascolti e dunque ci fosse una reale resa a fronte dell’investimento economico. Ieri, il sito Dagospia ha approfondito l’argomento, sciorinando nei dettagli la matassa intricata dei rapporti tra la società di produzione e la famiglia Tulliani. In sostanza, nel complicato sistema di scatole cinesi, la maggioranza della società che produce la trasmissione, denominata Absolute Television Media (sigla AT Media), è detenuta da Francesca Frau. E chi è questa signora sconosciuta nel giro dei produttori che lavorano per la Rai? È la mamma di Elisabetta e Giancarlo Tulliani, dunque la "suocera" (le virgolette valgono perché non sono sposati) di Fini. Non risulta che la signora Frau, 63 anni, abbia una lunga esperienza nel campo televisivo, almeno non nelle reti pubbliche. Così, scava scava, viene il dubbio che lei compaia ufficialmente nei documenti ma dietro ci sia qualcun altro. Giancarlo Tulliani non risulta nella compagine societaria delle varie società che sono spuntate nel giro di pochissimo tempo (Elisabetta è fidanzata con Fini dal 2007) e intestate alla madre, tra cui la Absolute Television srl e la Giant Enterprise srl, che, per dirne un’altra, sembra l’abbreviazione di Giancarlo Tulliani. Compare invece nella prima società denominata Giant Enterprise Group, liquidata nel 2008. Comunque sia, in ballo nella produzione di Festa italiana c’è la famiglia Tulliani. A trattare in Rai di solito va Roberto Quintini, che detiene una parte della Group srl, a sua volta proprietaria di una parte di At Media. Certo si dirà, nella Tv pubblica funziona tutto così: ogni partito ha i suoi referenti, molti uomini raggiungono posti di potere attraverso raccomandazioni politiche per non parlare delle vie "facilitate" di certe attricette o vallette. E, in molti casi, il risultato finale può anche essere una buona programmazione che fa risultati d’ascolto, come è il caso della rete diretta da Mauro Mazza. Ma certo è meglio che la "moglie" di Cesare sia al di sopra di ogni sospetto, soprattutto quando Cesare è il Presidente della Camera. imprese passate della famiglia della compagna. Che aveva già provato a entrare con scarso risultato nella ghiotta torta delle produzioni Rai. L’estate scorsa per esempio la società della signora Frau aveva provato a realizzare uno show musicale intitolato Italian Fan Club Music Award’s, andato in onda su Raidue e che si era tramutato in un flop di ascolti. Poi si era deciso di tentare con Raiuno.
Comunque, Dagospia ieri è andato giù duro, ricordando anche le imprese passate della famiglia della compagna. Che aveva già provato a entrare con scarso risultato nella ghiotta torta delle produzioni Rai. L’estate scorsa per esempio la società della signora Frau aveva provato a realizzare uno show musicale intitolato Italian Fan Club Music Award’s, andato in onda su Raidue e che si era tramutato in un flop di ascolti. Poi si era deciso di tentare con Raiuno. Ma da sempre Elisabetta cerca di dare una mano al fratello più piccolo. Ai tempi in cui era fidanzata con Luciano Gaucci, riuscì a far nominare Giancarlo ai vertici della Viterbese, squadra che era di proprietà dell’ex presidente del Perugia, d’altronde lei era diventata presidente della Sambenedettese. Questo prima di scoprire di essere più portata per ruoli artistici, tanto da entrare nel grande ventre Rai e finire a partecipare a trasmissioni come Mattina in famiglia e Unomattina. Una passione rimasta anche quando si è fidanzata con Gianfranco Fini (con cui ha avuto due figlie e che nel frattempo si era lasciato con la moglie Daniela) e trasmessa, guarda caso, all’intera famiglia sotto un’altra veste, quella di produttori di programmi.
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-05-02 sul caso scajola: "mi auguro che chiarisca" Bocchino: "Contratti Rai? A Berlusconi" L'ex vice presidente del Pdl alla Camera si difende dagli attacchi del Giornale alla moglie, che fa la produttrice tv L'ex vice presidente del Pdl alla Camera si difende dagli attacchi del Giornale alla moglie, che fa la produttrice tv MILANO - "I contratti più importanti della Rai vanno a Silvio Berlusconi e ai suoi figli, proprietari della Endemol. Ma non lo trovo scandaloso: la Endemol è una grande società che fa produzione, ricchezza e audience". Lo dice, in un'intervista a Maria Latella su Sky Tg24 Italo Bocchino, ex vice presidente finiano del gruppo Pdl alla Camera, finito in prima pagina del Giornale il 30 aprile per il contratto di produzione assegnato dalla Rai alla moglie ("I soldi Rai alla moglie di Bocchino"). "Quello che troverei scandaloso - sottolinea Bocchino - sarebbero scelte al di fuori della normativa vigente". "Se vogliamo fare un codice etico per cui con la Rai non possono avere nulla a che fare i parenti fino al sesto grado di chi siede in Parlamento sarei d'accordissimo: però il maggior colpito sarebbe Berlusconi, che è il maggior beneficiario insieme ai sui figli". Per quanto riguarda la moglie Gabriella Buontempo, Bocchino ricorda che quando l'ha conosciuta già lavorava con la Rai e che nell'articolo del Giornale "non c'è nessuna accusa, si dice che fa la produttrice, lo fa bene e a prezzi di mercato". Riguardo agli articoli del giornale della famiglia Berlusconi non solo su sua moglie ma anche sulla suocera di Gianfranco Fini, il giudizio di Bocchino è netto: "È solo spazzatura, sono non notizie che servono a bastonare chi dissente nel Pdl". "SCAJOLA CHIARISCA" - Bocchino ha poi parlato del caso Scajola: "Gli esprimo solidarietà umana e mi auguro che riesca a chiarire quanto prima questa vicenda" ha detto riferendosi all'acquisto di un appartamento a Roma da parte del ministro dello Sviluppo economico, accusato di aver usato soldi di uno degli imprenditori coinvolti nell'inchiesta sul G8. L'esponente finiano rinnova l'invito ad approvare subito il ddl anti corruzione quando, dopo la firma del presidente della Repubblica, arriverà alla Camera: "La politica deve essere trasparente, non ci deve essere nemmeno un centimetro quadrato di ombra per l'opinione pubblica. Quindi mettiamo subito all'ordine del giorno il ddl anti corruzione e, con un voto bipartisan approviamolo il prima possibile. È prioritario e questo deve fare un partito serio". Alla domanda che cosa faranno i finiani se la maggioranza del Pdl non farà questa scelta risponde: "Ne prenderemmo atto e faremmo la nostra parte. Noi non facciamo agguati, il ruolo della minoranza in un grande partito è quello di stimolo. Il problema è che il Pdl non deve essere un partito grande ma un grande partito". Redazione online 02 maggio 2010
L'INCHIESTA Scajola, le rivelazioni del testimone: "Consegnai buste anche a ministri" L’autista e il caso dell'appartamento al Colosseo: portai 500 mila euro. Nei verbali il nome di Pietro Lunardi * NOTIZIE CORRELATE * Scajola contrattacca: non lascerò il governo come nel caso Biagi (1 maggio 2010) * Nel Pdl cresce il timore che l'inchiesta saldi finiani e opposizione M. Franco (1 maggio 2010) * Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni (30 maggio 2010) * Scajola, le nuove accuse. L'appartamento e 4 testimoni contro (30 maggio 2010) * "Soldi in nero con 80 assegni per l’immobile di Scajola" (29 maggio 2010) L'INCHIESTA Scajola, le rivelazioni del testimone: "Consegnai buste anche a ministri" L’autista e il caso dell'appartamento al Colosseo: portai 500 mila euro. Nei verbali il nome di Pietro Lunardi L'abitazione con vista sul Colosseo acquistata dal ministro Claudio Scajola e oggetto di attenzioni da parte dei magistrati (Ansa) L'abitazione con vista sul Colosseo acquistata dal ministro Claudio Scajola e oggetto di attenzioni da parte dei magistrati (Ansa) ROMA - Buste dal "contenuto sconosciuto" consegnate a "vari soggetti, alcuni dei quali ministri" per conto di Angelo Balducci e del costruttore Diego Anemone. Un nuovo testimone interrogato dai magistrati di Perugia rivela inediti e clamorosi dettagli sui rapporti con i potenti di chi gestiva gli appalti pubblici e in particolare quelli per i Grandi Eventi. Racconta il suo ruolo di intermediario anche nell’operazione pianificata per l’acquisto dell’appartamento poi intestato a Claudio Scajola, all’epoca titolare del dicastero per le Attività Produttive. E poi - tra le persone incontrate - fa il nome di Pietro Lunardi, all’epoca titolare delle Infrastrutture. Le carte processuali messe a disposizione degli indagati svelano l’esistenza di conti all’estero dello stesso Balducci e del commissario per i Mondiali di Nuoto, Claudio Rinaldi. Alla richiesta di arresto per quest’ultimo, per il commercialista Stefano Gazzani e per l’architetto Angelo Zampolini - respinta dal giudice che ritiene competente la magistratura romana e ora all’esame del tribunale del Riesame - sono allegati verbali e informative che ricostruiscono la rete di rapporti alimentata dai componenti della "cricca". I contanti del tunisino Il 25 marzo scorso viene interrogato a Firenze Laid Ben Hidri Fathi che, come si legge nell’istanza dei pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnese, "in passato è stato l’autista tuttofare e uomo di fiducia di Angelo Balducci e di Diego Anemone e da loro aveva ottenuto deleghe bancarie per operare sui conti correnti". Nel 2004 l’uomo si appropria di 200.000 euro e sparisce. Ricompare nel 2006 e, dopo aver chiesto perdono, riallaccia i contatti con i due. Qualche giorno fa viene convocato anche a Perugia. Così il suo verbale viene ricostruito nel documento stilato dai magistrati dell’accusa: "Il cittadino di origine tunisina ha riferito di aver conosciuto Angelo Balducci molti anni fa lavorando presso l’agenzia immobiliare Toscano di via Salaria e di aver cominciato a lavorare con lui come autista tuttofare quando lo stesso era Provveditore alle opere pubbliche del Lazio. Di aver lavorato come dipendente di fatto del Balducci, ma di essere stato di volta in volta formalmente assunto e retribuito da imprese che con Angelo Balducci lavoravano con appalti da lui concessi per la carica ricoperta". Buste e soldi per i ministri E ancora: "La conoscenza con Anemone avviene nel 2000, sempre tramite Balducci che con Anemone appare "essere in società", come specifica il testimone. A quel periodo risale la stretta collaborazione con Anemone, che lo avrebbe autorizzato anche ad operare su alcuni conti delle società del Gruppo. Proprio nell’ambito dell’attività di gestione dei fondi di spettanza delle ditte di Anemone, Fathi fa il nome di Angelo Zampolini, soggetto a cui più volte lo stesso dice di aver consegnato somme in denaro, in quanto persona "che faceva operazioni immobiliari per conto di Balducci e Anemone con intestazione ad altre persone"". Ed ecco la rivelazione: "Riferisce poi l’ex autista di una serie di contatti che per conto di Balducci e di Anemone lo stesso avrebbe intrattenuto con vari soggetti, alcuni dei quali ministri, a cui consegnava messaggi o buste di contenuto sconosciuto, per conto di Balducci e dello stesso Anemone ". L’uomo fa il nome di Pietro Lunardi e su questa circostanza i magistrati hanno avviato verifiche per scoprire a quale scopo avvenissero questi incontri. Intanto si concentrano sull’acquisto dell’appartamento per Claudio Scajola. E scrivono: "Riferisce in particolare lo stesso Hidri Fathi che in un’occasione ha consegnato all’architetto una somma di 500.000 euro in contanti (che aveva precedentemente provveduto a cambiare in banconote di più grosso taglio presso altra banca), che tale consegna è avvenuta non presso lo studio di Zampolini, ma nei pressi, vicino Largo Argentina. Tale somma, nella narrazione del Fathi sarebbe dovuta servire (perché di ciò informato direttamente da Zampolini) all’acquisto di un immobile dietro il Colosseo". I magistrati non sembrano avere dubbi sul fatto che questa operazione riguardi proprio il ministro perché, sottolineano, "Fathi afferma di aver consegnato i 500.000 euro in contanti in Largo Argentina e proprio all’agenzia della Deutsche Bank che si trova a quell’indirizzo sono stati emessi gli assegni circolari per 900.000 euro poi girati alle venditrici e di cui i 500.000 euro appaiono costituire parte della provvista versata in contanti". In ogni caso, il 23 aprile scorso, interrogato dai magistrati dopo aver subito una perquisizione andata avanti per ore, è Zampolini a confermare tutte le circostanze raccontate dal testimone. Poi aggiunge: "Oltre a Fathi, anche altri autisti e la segretaria di Anemone si occupavano di consegnarmi i contanti". I conti milionari all’estero Ora si va avanti con nuove verifiche. Mentre la Guardia di Finanza analizza tutte le operazioni gestite da Zampolini attraverso 240 conti correnti, i magistrati hanno avviato la procedura per una richiesta di rogatoria internazionale. Dalla Banca d’Italia sono infatti arrivate le segnalazioni su depositi che si trovano in Lussemburgo e in Svizzera gestiti da una società, oltre a quelli già scoperti che riguardano San Marino e che sarebbero stati attivati in alcuni casi proprio da Gazzani. Un’accusa che il suo avvocato Bruno Assumma smentisce "così come quelle di corruzione e riciclaggio che siamo pronti a smontare". Scrivono i pubblici ministeri: "Bankitalia ha qui trasmesso una nota con allegate una serie di segnalazioni per operazioni sospette (evidenziate dagli organi di controllo interno bancario degli istituti di credito a seguito della diffusione della notizia dell’indagine) e una nota proveniente dalla procura del Lussemburgo con cui viene segnalata l’esistenza di conti correnti in istituti bancari di quello Stato a favore di Claudio Rinaldi e Angelo Balducci, rispettivamente per un importo di 2 e 3 milioni di euro circa. Conti correnti intestati a una società fiduciaria - la Cordusio spa - di cui i suddetti sono beneficiari e che presentano un numero progressivo, segno certo non insignificante che depone per il loro collegamento. Nella segnalazione della procura lussemburghese viene altresì evidenziato che l’indagato Rinaldi ha un altro conto acceso in Svizzera sulla cui entità nulla è indicato". Fiorenza Sarzanini 01 maggio 2010
2010-04-30 l'inchiesta Scajola, le nuove accuse L'appartamento e 4 testimoni contro "Diede lui gli 80 assegni". Trovati 240 conti dell’architetto l'inchiesta Scajola, le nuove accuse L'appartamento e 4 testimoni contro "Diede lui gli 80 assegni". Trovati 240 conti dell’architetto Claudio Scajola (Tam Tam) Claudio Scajola (Tam Tam) ROMA — Quattro testimoni smentiscono la versione fornita dal ministro Claudio Scajola sull’appartamento acquistato a Roma, zona Colosseo, nel 2004. "Fu lui — dicono — a consegnare gli ottanta assegni circolari per un totale di 900.000 euro". Soldi che sarebbero stati messi a sua disposizione dal costruttore Diego Anemone. Si allarga l’indagine della magistratura di Perugia. E si concentra su 240 conti correnti gestiti dall’architetto Angelo Zampolini, al quale il costruttore si era affidato per alcune operazioni riservate. "Trasferimenti di denaro - dice l’accusa - effettuati nell’ambito di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al riciclaggio ". Un percorso che li avrebbe già fatti approdare in alcune finanziarie di San Marino e in altri istituti all’estero. Gli investigatori della Guardia di Finanza hanno acquisito l’elenco degli appalti pubblici affidati al Gruppo Anemone, ma anche quello dei lavori effettuati privatamente per personaggi inseriti nelle amministrazioni dello Stato. Vogliono verificare se siano stati pagati da chi ne ha beneficiato o se invece siano la contropartita per favori ricevuti. Capitolo a parte riguarda alcune commesse che il giovane imprenditore — tuttora in carcere insieme ai funzionari delegati ai Grandi Eventi Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola— avrebbe ottenuto dalla Santa Sede. Proprio come avvenuto con la cassaforte del sacerdote missionario don Evaldo, il sospetto è che in alcuni casi fosse riuscito a crearsi provviste di soldi contanti da distribuire in caso di urgenza. Il doppio sopralluogo Il 6 luglio 2004 l’appuntamento tra Scajola e le due sorelle Papa proprietarie dell’appartamento per la stipula del rogito, venne fissato al ministero delle Attività produttive. "Avevo prelevato i circolari presso la Deutsche Bank e li portai al ministro", racconta ora Zampolini. Il resto lo aggiungono le venditrici: "Fu proprio Scajola a prendere i titoli e a consegnarceli. Ma nell’atto non figura questo passaggio perché ci eravamo accordati per denunciare soltanto 600.000 euro". La conferma arriva dal notaio Napoleone, interrogato qualche giorno dopo. Ma i controlli rivelano pure l’esistenza di un altro passaggio di soldi in contanti, ammesso dalle due donne: "Al momento di stipulare il preliminare, Scajola ci consegnò 200.000 euro, che noi ci dividemmo in parti uguali". Denaro di cui al momento i finanzieri ignorano la provenienza e del quale si chiederà conto proprio al ministro. A conti fatti, c’è dunque la dimostrazione che la casa costò un milione e 700 mila euro e non 600.000 come Scajola aveva invece pubblicamente dichiarato la scorsa settimana. È stato proprio Zampolini a rivelare di fronte ai pubblici ministeri i dettagli della trattativa. "Diego Anemone — ha messo a verbale —mi incaricò di trovare un appartamento per Scajola. Di questa vicenda era informato anche Angelo Balducci. Inizialmente visionammo un altro immobile nella zona del Gianicolo, ma il ministro mi spiegò che non gli piaceva e così gli proposi quello al Colosseo che poi effettivamente venne acquistato. La procedura fu quella seguita solitamente: versai sul mio conto corrente i soldi messi a disposizione da Anemone e poi provvidi a prelevarli sotto forma di assegni circolari". Le provviste segrete I 240 conti che l’architetto utilizzava per "mascherare" le operazioni, potrebbero adesso rivelare se ci siano altri politici e uomini pubblici beneficiati da Anemone. Messo di fronte alle evidenze che emergono dai tabulati acquisiti presso le banche, Zampolini ha accettato di collaborare con gli inquirenti e questo potrebbe anche convincere i pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi a sollecitare davanti al Riesame una misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, come invece era stato inizialmente richiesto. Il giudice ha respinto l’istanza — che riguardava pure il commercialista Stefano Gazzani e il commissario dei Mondiali di nuoto Claudio Rinaldi—ritenendo che questa parte dell’inchiesta debba essere trasmessa a Roma per competenza e il 13 maggio si pronuncerà il collegio del tribunale. Al momento è stato scoperto l’acquisto di quattro appartamenti: oltre a quello di Scajola, due sono stati intestati al generale delle Fiamme gialle in servizio all’Aisi Francesco Pittorru, e uno a Lorenzo Balducci, il figlio del Provveditore che di professione fa l’attore. Il sospetto è che quelle centinaia di depositi intestati all’architetto siano stati in realtà utilizzati da Anemone per altri acquisiti immobiliari o comunque per versare tangenti in cambio degli appalti ottenuti. L’imprenditore ha ottenuto negli anni passati il Nos, il certificato di "nulla osta di segretezza" che gli ha consentito di aggiudicarsi lavori cosiddetti "sensibili", vale a dire la ristrutturazione o la costruzione di edifici per il ministero dell’Interno, per quello della Giustizia comprese alcune carceri, e per i servizi segreti. Ora si stanno riesaminando le procedure di affidamento dei lavori pubblici. Ma si sta anche analizzando l’elenco degli incarichi "privati" portati a termine dal gruppo per stabilire se possano rappresentare una contropartita. Gli immobili del Vaticano Con alcuni prelati, così come confermato nelle scorse settimane anche da Don Evaldo - economo della Congregazione del preziosissimo sangue - Anemone aveva certamente buoni rapporti. Conoscenze ereditate da suo padre e probabilmente agevolate anche da Balducci — fino all’arresto gentiluomo di Sua Santità—che gli hanno consentito di ottenere l’incarico di ristrutturare interi stabili e anche di costruire alcuni palazzi. I magistrati vogliono accertare se — proprio come accaduto con don Evaldo — anche in altri casi Anemone abbia preferito non farsi pagare subito riuscendo così a crearsi una provvista di soldi contanti da utilizzare per eventuali emergenze. Con il sacerdote sono state registrate numerose conversazioni telefoniche e durante uno di questi colloqui, che precedeva di poco un appuntamento con il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, l’imprenditore disse che aveva bisogno urgente di 20.000 euro. Fiorenza Sarzanini 30 aprile 2010
grandi eventi/IL CASO Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni Il premier: finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso. Ma Di Pietro: lasci grandi eventi/IL CASO Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni Il premier: finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso. Ma Di Pietro: lasci Claudio Scajola (Emblema) Claudio Scajola (Emblema) ROMA — "Un attacco infondato". "Non mi lascio intimidire ". Sceglie la via del contrattacco il ministro Claudio Scajola. Sorretto dalla solidarietà del premier Silvio Berlusconi che lo incoraggia: "Caro Claudio vai avanti a lavorare. Finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso". L’ex coordinatore di Forza Italia sceglie di rispondere a muso duro alle polemiche seguite alle indiscrezioni sulla storia del suo appartamento, vista Colosseo, finito agli atti dell’inchiesta Grandi Appalti per le stranezze di una compravendita in odore di fondi neri: i 600 mila euro di prezzo dichiarato, gli altri 900 mila euro in assegni incassati dalle venditrici dalle mani di Scajola, ma firmati dall’architetto del grande accusato, Diego Anemone. Ora non ci pensa più il ministro dello Sviluppo Economico a dimettersi, come chiede l’Idv Antonio Di Pietro. Anche se ieri era pronto al passo indietro. Sono le 17.30 quando Scajola varca la soglia di Palazzo Grazioli. Ha appena firmato un decreto che semplifica le procedure per le attività di ricerca petrolifera. Ora è pronto a lasciare l’incarico. Fuori del palazzo è bufera. La pd Finocchiaro chiede al presidente del Senato Schifani di invitarlo "a chiarire le indiscrezioni ". Il Pd Orlando lo invita a dire se "sono vere le modalità di acquisto". "Scajola chiarisca" chiede l’Idv Donadi. E il suo leader Di Pietro va oltre: "Si dimetta". "Dopo le vicende del sottosegretario Cosentino e di un Presidente del Consiglio, acclarato corruttore di testimoni giudiziari che ogni giorno si fa una legge per non farsi processare ", incalza Di Pietro, "adesso scopriamo che c'è un ministro che avrebbe ricevuto assegni nell'esercizio delle sue funzioni per comprare immobili con modalità non lecite". Ma Berlusconi lo rassicura. E Scajola resta. Lui ritiene di avere la "coscienza pulita". Non entra nei dettagli di quella vendita. E denuncia di essere stato "colpito nel privato" per le accuse lanciate alla figlia a cui era stata erroneamente attribuita la proprietà dell’appartamento. "Nella vita possono capitare cose incomprensibili. E questa è addirittura sconvolgente " protesta Scajola. "Registro un attacco infondato e senza spiegazione, per una vicenda nella quale non sono indagato", aggiunge. E contrattacca: "Non sono abituato alla dietrologia e non voglio credere che dietro a tutto questo vi siano oscuri manovratori o disegni preordinati. Per rispetto alla Magistratura che sta lavorando, non posso dire nulla". Ma "proseguo con la massima serenità il mio lavoro ". Solidarietà a pioggia. Dal ministro Matteoli che attacca "l'intramontabile giustizialismo di chi chiede ad un ministro, neppure indagato, le dimissioni ". Dal presidente dei deputati Cicchitto che si augura che quanto prima si capirà come mai ai titoli sulla vicenda non corrispondono gli articoli. Dal ministro Bondi, sdegnato per le accuse "insistite quanto destituite di fondamento ". Dalla Brambilla, dal ministro Rotondi e dai vertici del Pdl, compreso Lupi che parla di "intimidazione". Virginia Piccolillo 30 aprile 2010
il commento Da Scajola chiarimenti necessari Dopo sospetti e nuove accuse Spesso politici e funzionari coinvolti in indagini gridano al complotto senza indicare i burattinai di trame oscure il commento Da Scajola chiarimenti necessari Dopo sospetti e nuove accuse Spesso politici e funzionari coinvolti in indagini gridano al complotto senza indicare i burattinai di trame oscure Una settimana fa, quando si è parlato per la prima volta della somma di 900.000 euro che l'imprenditore Diego Anemone gli avrebbe messo a disposizione nel 2004 per comprare un appartamento a Roma, il ministro Claudio Scajola ha affermato che la notizia "è destituita di ogni fondamento". Ora che l’architetto Angelo Zampolini, accusato di aver fatto da mediatore nell’operazione immobiliare, ha confermato di fronte ai pubblici ministeri di Perugia il passaggio del denaro svelandone i dettagli, lo stesso ministro parla di "attacco senza precedenti a me e alla mia famiglia". Poi avverte: "Non mi lascerò intimidire". Capita spesso che i politici e i funzionari dello Stato coinvolti in indagini giudiziarie gridino al complotto senza però indicare chi sarebbero i burattinai che tessono oscure trame. "Non sono indagato", sottolinea Scajola. È vero, almeno per quanto risulta sino ad ora. Le carte processuali rivelano che la Guardia di Finanza era stata delegata ad esplorare i conti correnti di alcuni professionisti sospettati di aver gestito, e in qualche caso riciclato, i soldi di Anemone. Nell'ambito di questo accertamento è saltato fuori il documento di acquisto di quella casa. E si è deciso di saperne di più acquisendo gli atti notarili e interrogando le persone che avevano preso parte alla compravendita. Comprese le due sorelle, benestanti signore romane, che avevano venduto l'immobile. Sono state proprio loro a ricordare di aver ricevuto direttamente dal ministro ottanta assegni circolari per un totale di 900 mila euro che servivano a perfezionare l'accordo. E in questo modo hanno confermato come il ministro fosse consapevole di utilizzare una cifra messa a disposizione dal costruttore. Scajola afferma di aver "troppo rispetto per la magistratura per entrare nel merito della vicenda". In realtà una spiegazione sembrerebbe a questo punto opportuna, viste le nubi che rischiano di addensarsi sul passato incarico di ministro dell'Interno e sull’attuale carica di responsabile del governo per lo Sviluppo Economico. Soprattutto tenendo conto che nel corso degli anni Anemone ha gestito per conto del Viminale, e non solo, svariati lavori. Pur con le dovute cautele di fronte a un'indagine ancora in corso, gli elementi che stanno emergendo richiederebbero un chiarimento su quanto è davvero accaduto. Anche perché il solo sospetto di aver ricevuto soldi da un imprenditore che ha ottenuto appalti milionari, spesso a trattativa privata, è un’ombra che un uomo pubblico dovrebbe rimuovere al più presto. Fiorenza Sarzanini 30 aprile 2010
grandi eventi/IL CASO Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni Il premier: finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso. Ma Di Pietro: lasci grandi eventi/IL CASO Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni Il premier: finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso. Ma Di Pietro: lasci Claudio Scajola (Emblema) Claudio Scajola (Emblema) ROMA — "Un attacco infondato". "Non mi lascio intimidire ". Sceglie la via del contrattacco il ministro Claudio Scajola. Sorretto dalla solidarietà del premier Silvio Berlusconi che lo incoraggia: "Caro Claudio vai avanti a lavorare. Finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso". L’ex coordinatore di Forza Italia sceglie di rispondere a muso duro alle polemiche seguite alle indiscrezioni sulla storia del suo appartamento, vista Colosseo, finito agli atti dell’inchiesta Grandi Appalti per le stranezze di una compravendita in odore di fondi neri: i 600 mila euro di prezzo dichiarato, gli altri 900 mila euro in assegni incassati dalle venditrici dalle mani di Scajola, ma firmati dall’architetto del grande accusato, Diego Anemone. Ora non ci pensa più il ministro dello Sviluppo Economico a dimettersi, come chiede l’Idv Antonio Di Pietro. Anche se ieri era pronto al passo indietro. Sono le 17.30 quando Scajola varca la soglia di Palazzo Grazioli. Ha appena firmato un decreto che semplifica le procedure per le attività di ricerca petrolifera. Ora è pronto a lasciare l’incarico. Fuori del palazzo è bufera. La pd Finocchiaro chiede al presidente del Senato Schifani di invitarlo "a chiarire le indiscrezioni ". Il Pd Orlando lo invita a dire se "sono vere le modalità di acquisto". "Scajola chiarisca" chiede l’Idv Donadi. E il suo leader Di Pietro va oltre: "Si dimetta". "Dopo le vicende del sottosegretario Cosentino e di un Presidente del Consiglio, acclarato corruttore di testimoni giudiziari che ogni giorno si fa una legge per non farsi processare ", incalza Di Pietro, "adesso scopriamo che c'è un ministro che avrebbe ricevuto assegni nell'esercizio delle sue funzioni per comprare immobili con modalità non lecite". Ma Berlusconi lo rassicura. E Scajola resta. Lui ritiene di avere la "coscienza pulita". Non entra nei dettagli di quella vendita. E denuncia di essere stato "colpito nel privato" per le accuse lanciate alla figlia a cui era stata erroneamente attribuita la proprietà dell’appartamento. "Nella vita possono capitare cose incomprensibili. E questa è addirittura sconvolgente " protesta Scajola. "Registro un attacco infondato e senza spiegazione, per una vicenda nella quale non sono indagato", aggiunge. E contrattacca: "Non sono abituato alla dietrologia e non voglio credere che dietro a tutto questo vi siano oscuri manovratori o disegni preordinati. Per rispetto alla Magistratura che sta lavorando, non posso dire nulla". Ma "proseguo con la massima serenità il mio lavoro ". Solidarietà a pioggia. Dal ministro Matteoli che attacca "l'intramontabile giustizialismo di chi chiede ad un ministro, neppure indagato, le dimissioni ". Dal presidente dei deputati Cicchitto che si augura che quanto prima si capirà come mai ai titoli sulla vicenda non corrispondono gli articoli. Dal ministro Bondi, sdegnato per le accuse "insistite quanto destituite di fondamento ". Dalla Brambilla, dal ministro Rotondi e dai vertici del Pdl, compreso Lupi che parla di "intimidazione". Virginia Piccolillo 30 aprile 2010
2010-04-29 I pm: fondi del costruttore Anemone nell’interesse del ministro "Soldi in nero con 80 assegni per l’immobile di Scajola" Tracce dei conti esteri intestati ai funzionari pubblici, ricostruito il percorso del denaro I pm: fondi del costruttore Anemone nell’interesse del ministro "Soldi in nero con 80 assegni per l’immobile di Scajola" Tracce dei conti esteri intestati ai funzionari pubblici, ricostruito il percorso del denaro Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola (Ansa) Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola (Ansa) ROMA - I pubblici ministeri di Perugia rilanciano e svelano le nuove carte. Il ricorso contro l’ordinanza del giudice che ha respinto la richiesta di arresto del commercialista Stefano Gazzani, dell’architetto Angelo Zampolini e del commissario dei Mondiali di nuoto Claudio Rinaldi — indagati per aver partecipato alle attività di corruzione e riciclaggio nella gestione degli appalti per i Grandi eventi — elenca i riscontri alle accuse. Individua la traccia dei conti esteri intestati ai funzionari pubblici. Ricostruisce il percorso dei soldi utilizzati dal costruttore Diego Anemone per acquistare, tra il 2004 e il 2006, gli appartamenti poi intestati all’attuale ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola e al generale della Guardia di finanza Francesco Pittorru, al quale l’imprenditore chiedeva di tenerlo aggiornato sullo sviluppo delle inchieste avviate sul suo conto. E così contesta la decisione secondo cui non è competente la Procura di Perugia: "Tutti i reati di cui si discute appaiono di competenza di questa autorità giudiziaria per la loro connessione con il reato associativo del quale è concorrente esterno anche il magistrato Achille Toro", il cui coinvolgimento aveva determinato il trasferimento in Umbria dell’inchiesta avviata due anni fa a Firenze. In particolare i magistrati ritengono che i tre siano inseriti in quella "cricca " di cui fanno parte l’ex provveditore alle Opere pubbliche Angelo Balducci, il suo successore Fabio De Santis, il funzionario delegato alla gestione del G8 a La Maddalena Mauro Della Giovampaola e lo stesso Anemone, che sarebbe riuscito ad accaparrarsi la fetta più grossa dei lavori. E per questo chiedono ai giudici del Riesame, che decideranno l’11 maggio, di riconoscere la loro titolarità a proseguire le indagini e disporre la cattura degli indagati. Le ammissioni dell’architetto Zampolini, interrogato la scorsa settimana, ha confermato il passaggio dei soldi transitati sul suo conto che era già stato ricostruito nei dettagli dalla Guardia di finanza, specificando di aver ricevuto da Anemone il denaro. Ma ha detto di non conoscere per quale motivo fossero stati acquistati immobili poi intestati al politico di Forza Italia e all’ufficiale delle Fiamme gialle in servizio presso l’Aisi, il servizio segreto civile. Del trasferimento delle somme all’estero destinate ad Angelo Balducci e Rinaldi si sarebbe invece occupato Gazzani. I pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi accusano i due funzionari di aver "autorizzato i lavori di implementazione del Salaria Sport Village di proprietà dello stesso Anemone e di Filippo Balducci (figlio del funzionario, ndr) abusando dei poteri connessi alla loro carica, in violazione della legge che gli stessi poteri prevedeva e a favore della società che ne traeva un indebito risparmio quantificato in 9 milioni di euro. Atto in relazione al quale ricevevano dalla parte privata la corresponsione di denaro per una somma allo stato non determinata che veniva girata in conti esteri intestati ai pubblici ufficiali". In particolare Rinaldi avrebbe ricevuto soldi su un conto aperto a San Marino, ma il suo avvocato Titta Madia spiega di aver "già depositato una memoria che dimostra come quei soldi, depositati da sua madre, non fossero affatto destinati a lui". Le case regalate La prima operazione per l’acquisto di un immobile risale al 6 luglio 2004. I magistrati l’hanno ricostruita nei dettagli. Quel giorno "Zampolini versa 900 mila euro in contanti su un conto dell’agenzia 582 della Deutsche Bank di Roma". Subito dopo "ottiene l’emissione di 80 assegni circolari all’ordine di Barbara e Beatrice Papa per valuta corrispondente, per l’acquisto nell’interesse di Claudio Scajola di un immobile intestato al suddetto". Accusano i pubblici ministeri: "In questo modo trasferiva denaro e compiva operazioni tali da ostacolare l’identificazione della loro provenienza da delitti contro la pubblica amministrazione". Secondo le verifiche compiute dalla Guardia di finanza la casa sarebbe costata circa un milione e mezzo di euro e la somma gestita dall’architetto sarebbe stata versata "in nero". L’indagine mira adesso a verificare per quale motivo Anemone abbia deciso di comprare un appartamento di prestigio per Scajola, all’epoca ministro dell’Attuazione del programma, dopo essere stato ministro dell’Interno fino al 2 luglio 2002 quando si era dimesso dopo la pubblicazione di sue frasi offensive nei confronti di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato a Bologna dalle Brigate rosse. Ma Guardia di finanza e carabinieri del Ros devono verificare se il passaggio dei soldi possa essere legato proprio agli appalti che lo stesso Anemone aveva ottenuto dal Viminale. Il ministro Scajola si dice "disgustato per la violazione del segreto istruttorio". Lo stesso meccanismo per il trasferimento del denaro Zampolini lo aveva già utilizzato il 2 aprile 2004. In quel caso l’architetto aveva "versato 285 mila euro in contanti presso la stesso istituto di credito e ottenuto l’emissione di 29 assegni circolari all’ordine di Monica Urbani per valuta corrispondente, per l’acquisto nell’interesse di Francesco Pittorru da destinare a Claudia Pittorru, figlia del suddetto". Anche due anni dopo, esattamente l’8 giugno 2006, Zampolini si occupa di un acquisto per conto del generale. Infatti "versa 520 mila euro sul conto corrente e ottiene assegni circolari all’ordine di Rosa e Daniela Arcangeletti, Rosa Anna e Nello Ruspicioni per l’acquisto di un immobile intestato allo stesso Pittorru e alla moglie Anna Maria Zisi". Il finanziamento dei film Nel registro degli indagati di Perugia è finito anche Lorenzo Balducci, il figlio attore del provveditore alle Opere pubbliche, per alcuni affari gestiti con Gazzani. Reato contestato: riciclaggio. In particolare il commercialista è accusato di aver "fatto versare denaro in contanti pari a un milione e duecentomila euro dal cognato Achille Silvagni intestato alla società "Stefano Gazzani Communications srl" di cui Silvagni è amministratore unico e facendo poi emettere assegni per un totale di un milione e centomila euro intestati alla Blu International. Compiva operazioni tali da ostacolare l’identificazione della loro provenienza da delitti contro la pubblica amministrazione poiché destinatario finale della somma appare essere stato Lorenzo Balducci che la Blu International aveva contrattualizzato per il film Uccidimi, opera mai realizzata". Proprio al giovane, l’architetto Zampolini avrebbe provveduto a intestare un appartamento acquistato nel 2004. Si legge nel capo di imputazione: "Versava sul proprio conto corrente della Deutsche Bank agenzia 582 denaro contante per 435 mila euro che nei giorni successivi permetteva l’emissione di assegni all’ordine di Manfredi Geraldini per valuta corrispondente, per l’acquisto nell’interesse di Angelo Balducci di un immobile intestato a Lorenzo Balducci". Le false fatture Tra i destinatari di soldi gestiti dal commercialista ci sono altri pubblici ufficiali, tra cui Della Giovampaola. I magistrati contestano al professionista "di aver emesso nel corso dell’anno 2009, in concorso con Michele D’Amelio legale rappresentante della società "Mi.Da", fatture relative a operazioni inesistenti in favore di Della Giovampaola, Caterina Pofi, Valerio Sant’Andrea per un importo complessivo di 1 milione e 120 mila euro". Le fatture avevano come oggetto collaborazione professionale prestata con riferimento ai lavori realizzati nell’ambito delle opere realizzate per il G8 a La Maddalena, emesse al solo fine di documentare costi inesistenti per abbattere il reddito imponibile degli utilizzatori. Di fatto tutti hanno agito su consiglio e istigazione di Gazzani in qualità di commercialista, che procacciava la società nel cui nome emettere le fatture false e che provvedeva alla gestione del fittizio pagamento degli importi fatturati, che in realtà venivano restituiti ai soggetti utilizzatori, decurtati dall’Iva ". Di questi soldi le fatture per Della Giovampaola sono tre, ognuna per un imponibile di 250 mila euro e dunque per un totale di 750 mila euro. Fiorenza Sarzanini 29 aprile 2010
feltri attacca l'ex leader di an. berlusconi solidale. i dubbi del presidente della camera Fini: "Da Berlusconi non divorzio, ma mi rispetti". Scontro sul Giornale Il leader di Montecitorio: "Non sono alla Camera per concorso o per regalo del premier, non mi dimetto" feltri attacca l'ex leader di an. berlusconi solidale. i dubbi del presidente della camera Fini: "Da Berlusconi non divorzio, ma mi rispetti". Scontro sul Giornale Il leader di Montecitorio: "Non sono alla Camera per concorso o per regalo del premier, non mi dimetto" Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi (Ansa) Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi (Ansa) ROMA - Gianfranco Fini non ha nessuna intenzione di litigare né di divorziare da Silvio Berlusconi. Ma a una sola condizione: "Il premier rispetti le mie opinioni. Io sbaglio in tantissime circostanze, a volte sbaglia anche Berlusconi" ha detto il presidente della Camera nel corso della registrazione di Porta a Porta. Il leader di Montecitorio ha ripercorso assieme a Bruno Vespa quanto avvenuto durante la direzione del Pdl. "Mi spiace doverlo dire, ma Berlusconi non può dirmi "se vuoi fare politica devi dimetterti da presidente della Camera". Rivendico il diritto di dire che non sono d'accordo", ha esordito Fini. "Credo intendesse dire che dovesse dimettersi da presidente della Camera se voleva fare una corrente" ha replicato Vespa. Ma il presidente della Camera lo ha prontamente stoppato: "A me non è parso, direttore. E comunque credo che quello che è accaduto lo abbiano visto in tanti". A tal proposito, il cofondatore del Pdl ha voluto precisare di non essere presidente della Camera "in ragione di un concorso vinto o di un cadeaux (regalo, ndr) del presidente del Consiglio, ma per una storia politica che rivendico, che è quella di una destra senza bava alla bocca. Non ho nessuna intenzione di dimettermi - ha sottolineato Fini - e fino alla noia, finchè sarò presidente, difenderò le prerogative del Parlamento". SAVIANO, I GIUDICI E LE INTERCETTAZIONI - Un intervento a tutto campo quello di Fini, tornato in tv per spiegare innanzitutto che quello con Berlusconi è un "sereno confronto" più che una "tregua armata" e per ribadire di non essere affatto pentito di aver cofondato il Pdl, un partito che tuttavia auspicava "diverso da come è oggi". D'altra parte, a quanti ritengono che le sue opinioni "dissenzienti" siano finalizzate a far vincere la sinistra, il presidente della Camera si sente di dare degli"imbecilli". Chiarito questo, l'ex leader di An ha affrontato il tema della riforma della giustizia, spiegando che è "indispensabile", ma che "non può significare denigrazione della magistratura"; sulle intercettazioni ha definito "positive" le modifiche apportate al testo dai senatori; quanto al federalismo, impossibile discuterlo "senza sapere quanto costa e quanto viene stanziato". Nel salotto di Vespa, poi, il presidente della Camera è tornato sull'argomento Saviano, con un affondo sul premier. "Berlusconi dice che Saviano con Gomorra rende la criminalità italiana più forte nel mondo? È meglio che queste affermazioni non le faccia: sarebbe come dire che Camus, con La peste, era un untore" ha spiegato. IL GIORNALE E LA DIFESA DEL CAVALIERE - Infine, l'argomento libertà di stampa. Fini è finito ancora una volta nel mirino de Il Giornale. Ma all'attacco ha fatto seguito questa volta il messaggio di solidarietà del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "La critica politica, anche più severa, non può trascendere in aggressioni ai familiari e su vicende che nulla hanno a che fare con la politica. Tali metodi, che assai spesso ho dovuto subire personalmente, non vorrei mai vederli applicati, specie su giornali schierati con la nostra parte politica", ha detto il premier in una dichiarazione. "C'è un giornalismo che sguazza nel fango, per non citare quella materia organica che rese famoso Cambronne e che va oltre il livello della decenza" ha replicato dal canto suo il presidente della Camera, esprimendo perplessità sulla persa di posizione di Berlusconi: "Si dà il caso che non sia stato un incidente. O non legge i giornali o non si sa perché soltanto oggi la solidarietà...". Alla solidarietà del Cavaliere ha fatto eco quella dell'avvocato e deputato Pdl Niccolò Ghedini, che ha apostrofato come "intollerabili certi metodi di delegittimazione". "Berlusconi prende le distanze, Ghedini prende le distanze. Io invece rimango fermo nell'idea che le notizie o sono vere o non sono vere. E quella su Fini e la suocera che prende un milione e rotti dalla Rai, ente pubblico, è vera. Il resto conta poco. Anzi, niente" ha detto da parte sua il direttore del quotidiano Vittorio Feltri. Il Giornale ha preso di mira la madre di Elisabetta Tulliani, compagna del presidente della Camera, per una notizia diffusa già da Dagospia. La donna sarebbe a capo di una società che produce programmi televisivi: uno di questi, Festa Italiana (trasmissione "di scarso share", secondo il quotidiano di Feltri) sarebbe stato pagato dalla Rai 1,5 milioni di euro. Di qui il titolo di apertura del giornale: "Un milione alla "suocera" di Fini, paga mamma Rai". Poco meno di una settimana fa, dal palco della direzione del Pdl, Fini aveva denunciato gli attacchi de Il Giornale, rimarcando anche lo "stretto" legame di parentela tra il premier e il proprietario del quotidiano, Paolo Berlusconi. "Non parlo con il direttore de Il Giornale e non ho alcun modo di influire e ho convinto mio fratello a metterlo in vendita" aveva risposto il Cavaliere. Redazione online 28 aprile 2010 |
REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2010-05-02 LA POLEMICA Bocchino replica agli attacchi del Giornale "Soldi Rai a mia moglie? E a Berlusconi?" Il deputato finiano 'epurato' messo alla berlina dal quotidiano della famiglia del premier oggi nel programma di Maria Latella su Sky 'L'intervista'. "E' vero, mia moglie ha dei contratti con la Tv di Stato. Ma le aziende del premier sono i primi fornitori, se è per questo" Bocchino replica agli attacchi del Giornale "Soldi Rai a mia moglie? E a Berlusconi?" La prima pagina del Giornale del 30 aprile, che attacca Italo Bocchino ROMA - "I soldi Rai alla moglie di Bocchino", era il titolo d'apertura del 30 aprile del Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi diretto da Vittorio Feltri. Un attacco contro il deputato finiano, che qualche giorno fa ha dovuto dare le dimissioni da vicepresidente vicario dei deputati del Pdl 1. Nella trasmissione di Maria Latella "L'intervista", in onda su SkyTg24, Bocchino replica alle accuse, e le rilancia: "E' vero che mia moglie ha contratti con la Rai per diversi milioni, in quanto titolare di una società che produce fiction, vendendole anche alla Tv pubblica. Fanno altrettanto le società della famiglia Berlusconi, che sono infatti i primi fornitori della Rai". "La consorte del finiano 'rissoso' - si legge sul Giornale del 30 aprile - Gabriella Buontempo, è titolare di una società, la Goodtime Enterprise, che da tempo lavora per la Tv di Stato, producendo fiction, ramo d'oro dell'azienda". In questa veste, la moglie di Bocchino sta producendo una serie in sei puntate, intitolata 'La Narcotici', che andrà in onda a settembre, e per la quale ha ottenuto il compenso di 6 milioni, uno a puntata. Nello stesso articolo si citano un contratto con una società intestata a Francesca Frau, madre di Elisabetta Tulliani, compagna del presidente della Camera Gianfranco Fini, e uno con la Casanova di Luca Barbareschi, anch'egli sostenitore di Fini. E, per quanto riguarda la 'suocera' di Fini, si sottolinea come le società della famiglia Frau-Tulliani siano nate pochi anni fa "più o meno da quando la signora Tulliani si è fidanzata con Fini", a differenza della società di Gabriella Buontempo, che produce programmi per la Tv da oltre 20 anni. Un aspetto che lo stesso Bocchino sottolinea nel corso dell'intervista a Maria Latella: "Mia moglie fa quello di mestiere, e i prezzi indicati dall'articolo sono quelli di mercato. Ricordo che l'ho conosciuta nel '93, e che lei già nel '90 aveva prodotto due documentari firmati da registi importanti per la Rai, in occasione dei Mondiali di calcio". Il deputato insiste poi sul fatto che al momento non è certo un illecito che i familiari degli esponenti politici producano programmi per la Rai: "Se vogliamo fare un codice che lo vieti, io sono d'accordo. Ma al momento è un atto lecito, non riesco a capire come si fa a considerarla un'accusa. E' come se io accusassi il premier del fatto che il maggior produttore di programmi per la Rai sia la Endemol, di proprietà di Berlusconi e dei suoi figli. Ma non lo trovo scandaloso: la Endemol è una grande società che fa produzione, ricchezza e audience". (02 maggio 2010)
2010-04-30 L'INCHIESTA Scajola, le carte che accusano "Per la casa da lui tutti i soldi" Quattro testimoni e le tracce bancarie: le prove in mano ai pm. Le deposizioni lo accusano di aver ricevuto nel suo studio al Ministero 900mila euro dal fiduciario di Anemone per l'acquisto di una casa di CARLO BONINI Scajola, le carte che accusano "Per la casa da lui tutti i soldi" Si fa macroscopica la menzogna di Claudio Scajola. Quattro testimonianze, un atto notarile e numerose tracce bancarie documentano ora che il ministro per lo Sviluppo economico conosceva la provenienza degli 80 assegni "neri" che, nel luglio del 2004, per un valore di 900 mila euro, pagarono più della metà della sua casa al 2 di via del Fagutale. Le testimonianze - oggi agli atti dell'inchiesta di Perugia sulla "cricca" dei Grandi Appalti - provano che di quegli assegni, il giorno del rogito, il ministro era materialmente in possesso. Di più: dimostrano che Scajola, pure assolutamente consapevole del prezzo reale di vendita - 1 milione e 710 mila euro - di quel magnifico appartamento che affaccia sul Colosseo, dispose che quella cifra venisse dissimulata, dichiarando di fronte a un notaio che era pari a soli 600 mila euro. Perché il Fisco non vedesse, ma, soprattutto, perché venisse così cancellata ogni traccia di almeno due circostanze: i 200 mila euro in contanti che, poco tempo prima dell'acquisto, aveva consegnato alle venditrici e il suo legame con l'architetto Angelo Zampolini, la "tasca" del costruttore Diego Anemone, il professionista, oggi indagato per riciclaggio, da cui aveva ricevuto quegli 80 assegni. Veniamo dunque a quel luglio del 2004. Al contenuto delle quattro testimonianze in grado di ricostruire i passaggi chiave di questa vicenda. A quegli 80 assegni e alla loro storia. Scajola è da appena un anno nuovamente ministro. Costretto alle dimissioni dal Viminale nel 2002 per la vicenda Biagi ("un rompicoglioni", lo apostrofa da morto) viene recuperato dopo un breve purgatorio dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che lo issa sulla poltrona dell'Attuazione del Programma. L'uomo ha ripreso energia e peso politico. Decide di acquistare una casa a Roma e per questo coinvolge Diego Anemone, il "costruttore" dei Potenti, l'anima di quella "Cricca" che governa i Grandi Appalti. Soprattutto, il costruttore che al Viminale è di casa. Anemone mette a disposizione di Scajola l'architetto Angelo Zampolini, il suo spicciafaccende per questioni delicate e di riguardo. E il professionista si sbatte come può. Trova subito qualcosa di interessante e importante al Gianicolo, il terrazzo di Roma. Ma la soluzione non è gradita al ministro. Quindi si rimette al lavoro. E' fortunato. Le sorelle Barbara e Beatrice Papa vendono infatti in via del Fagutale 2 una magnifica casa di rappresentanza dal cui salone si tocca con la mano il Colosseo. Scajola gradisce. Comincia la trattativa e l'accordo si trova a 1 milione 700 mila euro. Le due sorelle - come racconteranno candidamente alla Finanza durante una serie di interrogatori sostenuti dalla produzione di documenti che hanno gelosamente custodito - sono lusingate dall'acquirente e non stanno certo a discutere su modi e tempi del pagamento. Ricevono subito 200 mila euro in contanti dalle mani del ministro che - raccontano - dividono equamente a metà. Anche se, a fronte di quel pagamento, non sottoscrivono alcun contratto preliminare. O, se lo fanno, è una scrittura privata che, ad acquisto concluso, viene stracciata. L'architetto Angelo Zampolini è al corrente di quella prima tranche di contanti e, interrogato, sostiene di non essere stato lui a metterli a disposizione. "Ritengo fossero del ministro", dice. E' un fatto che, in vista del rogito, secondo uno schema collaudato, si mette invece in moto per confezionare, per conto di Anemone, lo strumento di pagamento in grado di non lasciare traccia del generoso contributo con cui il costruttore si prepara a rendere Scajola un felice padrone di casa. Anemone - racconta Zampolini ai pm - gli consegna 900 mila euro in contanti che lui stesso porta all'agenzia 582 della "Deutsche bank" (dove ha un conto) perché vengano cambiati in 80 assegni circolari intestati alle due sorelle Papa. Ottanta, si badi bene. Non uno, non due, non tre. Ma ottanta. C'è una ragione in quella singolare richiesta di cambio. Gli assegni circolari devono avere importi inferiori ai 12 mila e 500 euro, soglia oltre la quale la banca è tenuta a segnalare l'operazione al circuito interbancario e alla Guardia di Finanza. Anemone e Zampolini sono infatti convinti che, in questo modo, nessuno andrà a ficcare mai il naso in quella operazione. Ma sbagliano. Alla "Deutsche", evidentemente, trovano qualche funzionario pignolo che, in quel luglio di sei anni fa, vede in quella curiosa operazione di cambio quella che, tra gli addetti, si chiama "operazione sospetta di frazionamento". E per questo la segnala al circuito interbancario. E' il granello di sabbia che - oggi lo sappiamo - farà saltare più avanti l'intero "sistema Anemone". Zampolini, che ignora quale pasticcio abbia appena combinato, esce dunque dalla "Deutsche" con i 900 mila euro di Anemone trasformati in 80 assegni circolari e, il 6 luglio, quegli assegni sono nelle tasche di Scajola. Su questo punto, infatti, i ricordi delle sorelle Papa sono nitidi. E' un giorno particolare. Si separano dalla casa di famiglia e, per giunta, il rogito si firma nell'ufficio del Ministro. Il notaio Gianluca Napoleone, che redige e convalida la compravendita, dà infatti atto oltre che della sua presenza, del solo Scajola e delle Papa. E' il ministro che consegna gli assegni. "Tutti insieme", ricordano le sorelle. Ottanta assegni della "Deutsche" per un valore di 900 mila euro e alcuni assegni del banca san Paolo Imi per 600 mila euro. Quest'ultimo - 600 mila - è il "prezzo in chiaro" della casa. Quello per cui il ministro ha acceso un regolare mutuo con il san Paolo. Il solo che deve comparire. Interrogato, il notaio Napoleone che, a stare al racconto delle sorelle Papa, sta autenticando una compravendita che non risponde alla realtà, si giustifica spiegando che, almeno alla sua presenza, quei 900 mila euro non vengono scambiati. E comunque che, in quel 2004, la legge non impediva ancora eventuali scritture private tra le parti che integrassero il prezzo dichiarato di vendita. E' un fatto che la sera del 6 luglio, l'affare è chiuso. Le due sorelle Papa, nei giorni successivi, verseranno sui propri conti bancari quella piccola fortuna in decine di assegni circolari di cui continuano a non comprendere la ragione, ma di cui non hanno azzardato di chiedere spiegazione. E' l'ultima traccia che chiude il cerchio. Di quegli 80 assegni, ormai, è scritta la storia. Da cima, a fondo. Le impronte del ministro non possono essere più cancellate. (30 aprile 2010)
Berlusconi convince Scajola "Difenditi col coltello fra i denti" Faccia a faccia a Palazzo Grazioli. Il premier: finirà in una bolla di sapone. Lo sfogo: "Pronto a lasciare ma non vorrei che qualcuno la interpretasse come una fuga" di FRANCESCO BEI Berlusconi convince Scajola "Difenditi col coltello fra i denti" Scajola con Berlusconi ROMA - La Lancia Thesis di Claudio Scajola, i vetri posteriori oscurati dalle tendine, arriva a palazzo Grazioli alle cinque del pomeriggio. Quasi un'ora di colloquio con il premier per sgombrare dal tavolo l'ipotesi più lacerante, quella delle dimissioni. "Presidente - esordisce Scajola - il mio incarico è nelle tue mani e, se ritieni che debba fare un passo indietro, scriviamo subito il comunicato. Ma se mi dimettessi darei solo ragione a chi sta cercando un pretesto per colpirmi, inoltre potrebbe sembrare la fuga di un colpevole. Invece io sono del tutto innocente". Il Cavaliere, come già fece con Denis Verdini, si schiera senza esitazioni con l'uomo a cui non solo affidò la costruzione di Forza Italia agli albori, ma che scelse tre volte come ministro nei suoi governi. "Claudio devi andare avanti - insiste quindi Berlusconi - anche perché, se accettassi le tue dimissioni, ne uscirebbe indebolito il governo: daremmo un'immagine di sfaldamento proprio mentre siamo sotto l'attacco di Fini. Non se ne parla". Berlusconi, stando al racconto dei presenti, prova quindi a tranquillizzarlo: "Se la prendono con te per attaccare me, lo sai. Ma vedrai che tra una settimana si sgonfierà tutto, devi solo tenere duro finché non passa l'onda". Scajola appare demotivato, amareggiato. "Non voglio partecipare a un processo in tv, stanno sputtanando me e la mia famiglia". Il consiglio del premier è invece quello di partire al contrattacco, senza aspettare i probabili seguiti giudiziari. "Devi difenderti in maniera più dura, con il coltello tra i denti. Devi mostrarti agguerrito, senza paura. Solo così ne potrai uscire". Studiata la strategia difensiva, i due iniziano a discutere di politica. Perché sono tanti i "dubbi" che il ministro coltiva riguardo all'indagine di Perugia. Sospetti di una "regia" dietro le rivelazioni dei giornali sull'acquisto della sua casa. "Inizio ad avere forti sospetti su qualcosa che ho pestato e che ora mi si ritorce contro, altrimenti non riesco a capire come mai questa cosa sia stata sparata con tanta evidenza". Sospetti ancora senza un nome. Anche se, tra i parlamentari vicini al ministro, qualche supposizione inizia a circolare. Si parla di un forte interesse della Lega per la poltrona di Scajola, quel ministero dello Sviluppo economico che gestisce il pacchetto incentivi, mette bocca su tutte le crisi aziendali, dovrà mandare in porto un affare colossale come l'avvio del programma nucleare. Qualcuno fa notare maliziosamente come a fare le verifiche sugli assegni circolari, che sarebbero stati versati dal costruttore Anemone a Scajola, sia stata la Guardia di Finanza, che dipende gerarchicamente dal ministro dell'Economia. Solo suggestioni senza riscontro, ma in questo clima di "assedio" basta poco per incendiare gli animi. Tanto più che i finiani si dice che già sarebbero pronti a cavalcare l'incidente, chiedendo a Scajola di spiegare nei dettagli, in Parlamento, le modalità di acquisto dell'abitazione. Leghisti, finiani, Tremonti: fuoco amico. "Non sono abituato alla dietrologia e quindi non voglio credere che dietro a tutto questo vi siano oscuri manovratori o disegni preordinati", dichiara Scajola di fatto confermando il sospetto di una "regia occulta". I parlamentari liguri vicini al ministro, in una nota, alimentano gli stessi dubbi: "L'azione di governo del ministro Claudio Scajola evidentemente cozza contro diverse logiche di potere i cui contorni non sono palesi". Con i suoi, Scajola in serata sfoga la sua amarezza e si professa nuovamente innocente: "Spero che si faccia rapidamente chiarezza e che nessuno strumentalizzi. Però ogni giorno che passa mi viene l'idea che, dietro tutto questo, ci sia qualcosa. Io ho pagato la casa con un mezzo notarile. Mi dicono che costava troppo poco? Ho avuto un'offerta, cosa dovevo fare? Contestarla? Davanti a quell'affare ho detto: ci sto". Quanto ai rapporti con Angelo Balducci, Scajola si stupisce del clamore: "Dicono che sia un brigante, ma queste cose vengono fuori solo adesso. Balducci è un gentiluomo del Papa, ce ne sono solo altri 8 come lui! Era il provveditore alle Opere Pubbliche, ma scherziamo?!". (30 aprile 2010)
Spiegare o dimettersi di MASSIMO GIANNINI Non è una buona notizia per la democrazia sapere che un ministro della Repubblica è finito nell'inchiesta sulla "cricca" del G8 all'Aquila. Per questo, da garantisti, ci auguriamo che il coinvolgimento di Claudio Scajola in quella brutta storia di corruzione e malaffare si risolva in una "bolla di sapone", come si è affrettato a scommettere il premier. Ma gli elementi a carico del ministro sembrano pesanti: secondo i pm, ci sono le prove testimoniali che Scajola avrebbe usato gli assegni circolari messi a disposizione da Anemone (non si sa a che titolo) per comprare un appartamento a due passi dal Colosseo. Profili giudiziari a parte, c'è un obbligo di chiarezza al quale un servitore dello Stato non può sottrarsi. Se il ministro si ritiene vittima di "un'intimidazione", non può limitarsi a parlare di "attacco inspiegabile": ha il dovere di spiegare se la compravendita immobiliare che lo riguarda è vera o è falsa. Se è convinto che dietro ci sia un misterioso "disegno preordinato", non può limitarsi a evocare "oscuri manovratori": ha il dovere di spiegare ciò che sa di questo "complotto" e chi sono i "complottisti". Ma se invece non è in grado di fornire al Paese queste spiegazioni, Scajola ha invece un altro dovere: dimettersi. Si chiama etica della responsabilità, ed è l'essenza della ragion politica. m. gianninirepubblica. it
(30 aprile 2010)
2010-04-29 Campania, conti in rosso 10 mila stipendi bloccati Spirale debiti-pignoramenti all'Asl. Caldoro si appella a Roma. Proteste negli ospedali. Bassolino reagisce alle accuse: nessun buco, abbiamo solo accelerato i paga-menti ai creditori di ROBERTO FUCCILLO Campania, conti in rosso 10 mila stipendi bloccati NAPOLI - Non c'è un euro, "abbiamo un debito di oltre 2 miliardi". Così nei giorni scorsi il neopresidente della Campania, Stefano Caldoro, ha annunciato che il suo ingresso nelle stanze che erano state di Antonio Bassolino non poteva essere peggiore. Un allarme finanziario che lo stesso Caldoro ha paragonato alla crisi greca. E che ora ha prodotto il primo effetto. Ben 10 mila dipendenti dell'Azienda sanitaria Napoli 1, quella del capoluogo, la più grande d'Europa, hanno avuto gli stipendi bloccati dal pignoramento che il Tribunale di Napoli ha disposto accogliendo il ricorso dei tanti creditori della Asl. I fondi, 330 milioni in tutto, di cui 68 relativi allo stipendio mensile effettivamente non erogato, sono stati bloccati presso la Tesoreria del Banco di Napoli, che fornisce le anticipazioni di cassa alla Asl, con una diffida a girarli alla azienda sanitaria. Immediate ovviamente le proteste. Ospedali in fermento, interventi chirurgici rinviati, ambulatori in tilt. Mobilitazione generale dei sindacati, Ordine dei medici in rivolta. All'ospedale San Paolo sono saltati gli interventi chirurgici non urgenti. Al San Giovanni Bosco, il direttore Giuseppe Matarazzo parla di "ospedale in subbuglio". Al San Gennaro sono state sospese le prenotazioni. L'Associazione dei medici ospedalieri (Anaao) ha proclamato lo "stato di agitazione". Ora si cerca una soluzione rapida. "Potrebbe arrivare domani, venerdì", dice Giuseppe Zuccatelli, subcommissario di governo per il piano di rientro dal deficit. Si spera in una "rimessa" immediata di fondi da parte del governo, oppure in una manovra che aggiri la Asl, e quindi il pignoramento a suo carico, facendo erogare le somme da altri istituti sanitari regionali. Lo stesso Caldoro ieri è tornato a Roma, dove ormai è da tempo in strettissimo contatto con i tecnici del Ministero del Tesoro per trovare una soluzione. L'intera Regione è alle soglie di un paradosso: "Se dovessimo applicare alla lettera le procedure del patto di stabilità - aggiunge Caldoro - le manovre di rientro dovrebbero attaccare anche le spese obbligatorie", ovvero gli stipendi. Ma si tratta di una situazione impossibile in un ente pubblico, "semplicemente non si può", dice Caldoro, e dunque non c'è altra strada se non quella di chiamare il governo a dare in qualche modo una mano. Naturalmente il predecessore di Caldoro, Antonio Bassolino, non accetta le accuse. La polemica divampa da giorni, da quando Caldoro ha contestato la scorrettezza di una delle ultime delibere dell'ex governatore, con la quale si sanzionava lo sforamento di oltre 1 miliardo del patto di stabilità. Cifra che, aggiunta al miliardo circa di deficit stimato come proprio della sanità, porta a quei 2 miliardi di "default" di cui parla Caldoro. Che aggiunge: "La manovra correttiva del governo nazionale, concordata con la Ue, dovrebbe aggirarsi sugli 8 miliardi. Qui siamo ad un quarto, solo in Campania". Ecco perché Caldoro ha parlato di un modello Grecia e di una Regione nella quale lui non potrebbe fare più nulla, niente investimenti, niente assunzioni. Bassolino non se l'è tenuta: "Paragonare la Campania alla Grecia denota uno scarso senso delle istituzioni. Non c'è nessun buco, il nostro bilancio è in ordine. Altra cosa è il patto di stabilità. Qui abbiamo deciso un'accelerazione dei pagamenti nei confronti delle imprese che vantavano crediti. Una misura per sostenere la nostra economia reale". Controreplica di Caldoro: "Appunto. Gli stessi argomenti della Grecia". La vicenda della Asl ha ulteriormente inasprito gli animi. Anche perché Bassolino ha contestato che il pignoramento è stato possibile a causa di un emendamento inserito dal Pdl nel decreto milleproroghe di febbraio: la finanziaria sospendeva i pignoramenti fino a dicembre 2010, l'emendamento ha arretrato questo termine a febbraio. Risultato: diecimila senza stipendio. Caldoro ha istituito un tavolo di crisi locale, della cosa è stato informato anche il prefetto Alessandra Pansa, a testimonianza della preoccupazione che la vicenda suscita sul piano delle attività sanitarie e dell'ordine pubblico. (29 aprile 2010)
INCHIESTA G8 Perugia, gli 80 assegni che accusano Scajola Dalle carte dell'inchiesta nuove accuse a Balducci jr. E spuntano conti all'estero. Una nuova ipotesi di corruzione a carico di Rinaldi, commissario per i Mondiali di nuoto. Zampolini conferma ai pm: 900mila euro in nero per la casa del ministro dai nostri inviati CARLO BONINI E FRANCESCO VIVIANO Perugia, gli 80 assegni che accusano Scajola PERUGIA - Il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ha mentito. Non è vero - come ha sostenuto replicando alla ricostruzione di "Repubblica" del 23 e 24 aprile scorso - che per comprare la casa che oggi abita a Roma si limitò ad accendere un mutuo di circa 600 mila euro e ad impegnare pochi contanti tratti dal suo conto corrente. Il 6 luglio del 2004, per acquistare la sua abitazione al civico 2 di via del Fagutale, è stata decisiva - come questo giornale ha riferito - una provvista in nero di 900 mila euro messa a disposizione dal costruttore Diego Anemone attraverso il suo architetto e progettista Angelo Zampolini. La circostanza non è più infatti un'ipotesi investigativa. É una evidenza confermata dalle dichiarazioni rese a verbale venerdì scorso dallo stesso Zampolini ai pm di Perugia, e soprattutto documentata dalla minuziosa ricostruzione del tragitto di quel denaro fatta dalla Guardia di Finanza. Un lavoro, per altro, ora non più coperto da segreto investigativo, perché il conflitto di competenza che si è aperto tra la Procura di Perugia e l'ufficio gip (che, come riferito ieri, ha respinto la richiesta di arresto di Angelo Zampolini, del commercialista Stefano Gazzani e dell'ex funzionario Claudio Rinaldi) ha infatti prodotto una prima discovery di atti istruttori al Tribunale del Riesame che oggi illumina definitivamente la "storia" di casa Scajola e con lei, i nuovi capitoli di questa indagine sulla "cricca" dei Grandi appalti. Nell'ordine: la montagna di denaro utilizzata da Anemone per comprare il generale della Guardia di Finanza (oggi Aisi) Francesco Pittorru; l'iscrizione al registro degli indagati, per riciclaggio, di uno dei due figli di Angelo Balducci, Lorenzo, l'attore; la scoperta di conti esteri su cui vennero girate tangenti destinate ai funzionari pubblici; un nuovo episodio di corruzione di Claudio Rinaldi nella sua veste di commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2008; il 1 milione e 120 mila euro di false fatturazioni con cui Gazzani gonfiò i costi sostenuti dagli appaltatori delle opere del G8 della Maddalena per consentirgli di abbattere il proprio imponibile fiscale. GLI 80 ASSEGNI DELLA DEUTSCHE BANK Accusato di riciclaggio, Angelo Zampolini ammette con i pm di Perugia quel che non può negare, perché provato documentalmente. Nel luglio del 2004 l'architetto versa 900 mila euro in contanti sul proprio conto nella filiale 582 della "Deutsche bank" di Roma. Quindi li trasforma in 80 assegni circolari intestati a Barbara e Beatrice Papa, proprietarie dell'appartamento di via del Fagutale che Claudio Scajola, allora ministro dell'Attuazione per il Programma, ha deciso di acquistare. Il 6 luglio, giorno del rogito, gli 80 circolari di Zampolini vengono incassati dalle due sorelle Papa insieme ai 600 mila euro del "prezzo in chiaro" pagato dal ministro. Zampolini spiega di aver saputo che fosse Scajola l'acquirente della casa. E, nel difendersi dall'accusa di riciclaggio, conferma altre due circostanze che rendono insostenibile la posizione del ministro. La prima: i 900 mila euro utilizzati per gli assegni circolari - come ipotizzava la Finanza - vengono consegnati all'architetto da Diego Anemone. La seconda: è Anemone ad indicare a Zampolini l'uso che ne deve essere fatto. L'architetto sostiene di non aver fatto domande sul perché un costruttore dovesse contribuire per i tre quinti all'acquisto della casa di un ministro. Giura di aver dato corso alle istruzioni di Anemone in buona fede, non avendo ragione di sospettare una provenienza nera di quel denaro. La questione torna dunque ad essere affare tra Anemone e Scajola. L'odore della corruzione è forte. Così come probabile, a questo punto, che la storia di via del Fagutale traslochi presto da Perugia al Tribunale dei ministri. I DUE APPARTAMENTI L'operazione "via del Fagutale" ha avuto un prologo. Meglio, una "prova generale". E avrà un seguito. Con un beneficiario diverso. Quel Francesco Pittorru che, da generale della Finanza prima e da funzionario dell'Aisi poi, sarà utile alla "cricca" per ficcare il naso dove non dovrebbe (gli accertamenti fiscali sullo studio di Stefano Gazzani, commercialista del Gruppo Anemone). Il 2 aprile 2004 (tre mesi prima del "rogito" Scajola), Zampolini versa infatti 285 mila euro in contanti che gli sono stati consegnati da Anemone sul suo conto "Deutsche Bank", per poi trasformarli in 29 assegni circolari all'ordine di Monica Urbani, proprietaria della casa in via Merulana 17 (quartiere Esquilino), che il generale Francesco Pittorru ha deciso di acquistare per la figlia Claudia. É un bel regalo. Che evidentemente, però, non basta a spegnere gli appetiti del generale. L'8 giugno del 2006 Zampolini torna infatti alla "Deutsche" con un'altra rimessa di Anemone e un nuovo appartamento da comprare. Il contante, questa volta, è pari a 520 mila euro. Gli assegni circolari sono per quattro eredi (Rosa e Daniela Arcangeletti, Rosa Anna e Nello Ruspicioni), proprietari dell'appartamento di via Poliziano 8 (ancora quartiere Esquilino) dove il generale "casa e bottega" (la sede dell'Aisi non è lontana) ha deciso di accomodarsi con la moglie Anna Maria Zisi. I REGALI PER LORENZO La generosità di Anemone semplifica la vita anche di Lorenzo Balducci, figlio di Angelo. Sui conti di tale Achille Silvagni, cognato di Stefano Gazzani, viene versato e quindi trasformato in assegni circolari 1 milione e 100 mila euro di cui risulta beneficiaria la "Blu International G. F. srl", società di produzione del film "Uccidimi". Pellicola mai girata, di cui Lorenzo Balducci doveva essere protagonista. Ebbene, quel denaro - scrivono oggi i pm - sembra aver avuto quale "destinatario finale" proprio Lorenzo Balducci. Che, del resto, deve alla generosità di Anemone anche i 435 mila euro che Zampolini, secondo il solito schema contanti-assegni circolari, verserà nel 2004 per l'acquisto della sua casa nel centro di Roma. LA CORRUZIONE DI RINALDI La figura di Gazzani - che, per altro, per tutto il 2009, usa il suo studio come fabbrica di false fatture utili a gonfiare i costi sostenuti dagli appaltatori del G8 della Maddalena - è cruciale anche nella ricostruzione di un nuovo episodio di corruzione contestato a Claudio Rinaldi, già commissario per le opere dei mondiali di nuoto. Rinaldi autorizza il Gruppo Anemone all'ampliamento del Salaria Sport Village (il centro di Roma che Guido Bertolaso frequenta per i suoi massaggi) violando in un colpo solo ordinanze comunali, leggi regionali, vincoli paesaggistici. É un regalo che consente ad Anemone di risparmiare 9 milioni di euro. La ricompensa - scrivono i pm - "è una somma, allo stato non determinata" che "viene girata in conti esteri intestati a pubblici ufficiali". Uno, a san Marino, è di Rinaldi, intestato alla madre, Mimma Giordani. (29 aprile 2010)
CENTRODESTRA Bossi: "Voglio il federalismo, non le elezioni" Fini: "Dirò la mia su giustizia, regole e Saviano" Dal "Giornale" nuova campagna contro il presidente della Camera, che in tv "corregge" Vespa e attacca duramente Feltri: "Sguazza nel fango". E sulla solidarietà di Berlusconi: "Perché solo oggi?" Bossi: "Voglio il federalismo, non le elezioni" Fini: "Dirò la mia su giustizia, regole e Saviano" Gianfranco Fini ROMA - "Se non le vuole la Lega", non c'è il rischio di elezioni anticipate. Lo dice il leader del Carroccio,Umberto Bossi, intervistato da Radio radicale. "Non voglio il voto, voglio solo fare il federalismo", spiega. Mentre Gianfranco Fini, a Porta a porta, difende il suo "confronto politico" con Silvio Berlusconi: "Continuerò a dire la mia su temi come la giustizia e le regole, non sono presidente della Camera per un cadeau del premier". A cui non risparmia comunque critiche: dalle sue accuse a Roberto Saviano all'ennesimo attacco subito oggi dal Giornale. Le parole di Bossi. "Serve il federalismo fiscale - dichiara il ministro delle Riforme - altrimenti l'Italia fa la fine della Grecia, è assolutamente necessario". E su Fini: "Adesso è tutto preso a cercare di tamponare le beghe avvenute con Berlusconi e quindi si lascia andare a ragionamenti ai quali non crede nemmeno lui, sa anche lui che occorre fare il federalismo fiscale. Ho detto ai miei di parlare con lui, e da loro ha saputo che non ci sono problemi". La nuova tappa tv di Fini. A Porta porta, il presidente della Camera nega che ci sia una guerra col premier: con lui "confronto politico", "non divorzierò se rispetta le mie idee": "Non accetto che le opinini divergenti dalla maggioranza non meritino di essere rispettate. Non rinuncerò a dire la mia, per esempio sul tema della giustizia. Una riforma è indispensabile ma non significa ricorrere alla denigrazione dei magistrati, che sono un baluardo di legalità. Per una cultura di destra la legalità è rispetto delle regole e io continuerò a dirlo". Critiche al Cavaliere anche per le sue affermazioni su Roberto Saviano, che "promuoverebbe" la mafia: "Sarebbe meglio che il presidente del Consiglio non le facesse certe dichiarazioni, perchè è come dire che Camus era un untore. In questo modo ho dato voce alla coscienza di tanti elettori del Pdl".
Il battibecco con Vespa. Siparietto durante la registrazione. "Mi spiace doverlo dire, ma Berlusconi non può dirmi se vuoi fare politica devi dimetterti da presidente della Camera. Rivendico il diritto di dire che non sono daccordo", esordisce Fini. Vespa ribatte: "Credo intendesse dire che dovesse dimettersi da presidente della Camera se voleva fare una corrente". Fini, piccato, stoppa il conduttore: "A me non è parso, direttore. E comunque credo che quello che è accaduto lo abbiano visto in tanti". Poi ribadisce la sua volontà di restare sulla poltrona più alta di Montecitorio: "Fino a quando sarò presidente della Camera, e non ho alcuna intenzione di dimettermi, avrò il dovere di difendere le prerogative del Parlamento. Sono presidente della Camera non per aver vinto un concorso o per un cadeau del premier". Il nuovo caso Fini-Il Giornale. Nel titolo di apertura del quotidiano diretto da Vittorio Feltri - di proprietà del fratello di Silvio Berlusconi, Paolo - si legge: "Un milione alla suocera di Fini". Poi si spiega: "La madre della compagna del presidente della Camera a capo di una società che da settembre produce parte di una trasmissione Rai". La solidarietà al presidente della Camera. A stretto giro arriva una dichiarazione del premier: "Esprimo la più convinta solidarietà a Gianfranco Fini per gli attacchi personali che quest'oggi il Giornale gli ha mosso. La critica politica, anche più severa, non può trascendere in aggressioni ai familiari e su vicende che nulla hanno a che fare con la politica. Tali metodi, che assai spesso ho dovuto subire, vorrei mai vederli applicati". Solidarietà anche dal presidente del Senato, Renato Schifani. La durissima replica di Fini. Sempre da Porta a Porta, il presidente della Camera attacca: "C'è un giornalismo che sguazza nel fango, per non citare quella materia organica che rese famoso Cambronne e che va oltre il livello della decenza". Strali anche contro il premier: "Oggi ho ricevuto anche la solidarietà del fratello dell'editore del Giornale. Si dà il caso però che non sia stato un incidente. O non legge i giornali o non si sa perchè soltanto oggi la solidarietà...". La "difesa" di Feltri. "Berlusconi prende le distanze, io invece rimango fermo nell'idea che le notizie o sono vere o non sono vere": così il direttore del Giornale. "E quella su Fini e la 'suocera' che prende un milione e rotti dalla Rai, ente pubblico, è vera. Il resto conta poco. Anzi, niente". Il caso Bocchino. E' stata convocata per domani mattina l'assemblea del gruppo parlamentare del Pdl: all'ordine del giorno la decisione sulle lettere di dimissioni del vicecapogruppo finiano di ferro. "Le dimissioni di Italo Bocchino vengono accettate ma questo non c'entra con le posizioni di Fini - dichiara oggi il capogruppo Fabrizio Cicchittto - si è determinata una crisi nel rapporto di fiducia". (28 aprile 2010)
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2010-05-02 Scajola, presto il faccia a faccia con i magistrati Come spiega quei 900mila euro in assegni circolari provenienti dalla provvista 'nera' dell' imprenditore Anemone - attraverso un conto intestato al "riciclatore" Angelo Zampolini - e perché gli stessi 900mila euro sono stati consegnati a Barbara e Beatrice Papa senza che figurassero nei documenti per l'acquisto dell'abitazione in via Fagutale 2 a Roma, proprio di fronte al Colosseo? Dopo un fine settimana di lavoro, i pubblici ministeri di Perugia titolari delle indagini sui grandi appalti, Sergio Sottani e Alessia Tavernesi, si preparano a chiederlo al ministro Claudio Scajola, che sarà sentito nei prossimi giorni, probabilmente già la settimana prossima, come persona informata sui fatti. I pm perugini sono infatti convinti che proprio la procedura seguita da Zampolini per l'appartamento acquistato da Scajola, ma anche per quelli del generale della guardia di Finanza ora all'Aisi, Francesco Pittorru, e del figlio di Angelo Balducci, Lorenzo (anche loro saranno sentiti), sia il modo escogitato dall'architetto per 'nascondere' i "delitti contro la pubblica amministrazione" commessi per conto della 'cricca' facente capo ad Anemone. In sostanza, è l'ipotesi di lavoro dei pm - che ora attendono la decisione del tribunale del Riesame sulla richiesta di arresto per lo stesso Zampolini, per il commercialista Stefano Gazzani e per il funzionario pubblico Claudio Rinaldi dopo il rigetto del Gip, secondo il quale la competenza territoriale spetta a Roma - il passaggio di denaro sarebbe legato ad irregolarità nell'aggiudicazione degli appalti e non escludono dunque che le operazioni siano state fatte per mascherare delle tangenti. Il ministro delle Attività Produttive al momento non risulta indagato, così come gli altri nomi, alcuni anche di importanti funzionari pubblici, su cui la procura di Perugia sta facendo accertamenti. Ma non è escluso che nei prossimi giorni possano esserci delle novità, anche sulle base delle indagini delegate alla guardia di Finanza sui 240 conti correnti che avrebbe gestito Zampolini, dai quali sono transitati centinaia di assegni per un valore di poco meno di tre milioni, girati a diversi personaggi. A far cadere il velo su questo aspetto è stato un tunisino, Laid Ben Hidri Fathi, indicato come l'ex autista tuttofare sia di Angelo Balducci sia del costruttore Diego Anemone. È stato lui, sentito il 25 marzo a Firenze, a rivelare di aver avuto, per conto di Balducci, una serie di contatti con "vari soggetti, alcuni dei quali ministri, a cui consegnava - si legge nelle carte dell'inchiesta - messaggi o buste di contenuto sconosciuto". Buste i cui mittenti erano lo stesso Balducci e Anemone. Fathi ha messo a verbale di aver consegnato a Zampolini 500mila euro in contanti che, a suo dire, sarebbero serviti, insieme ad altro denaro, proprio per l'acquisto dell'appartamento di Scajola. Tra i ministri, il tunisino ha fatto anche il nome di Pietro Lunardi, all'epoca dei fatti titolare delle Infrastrutture. Lunardi però si difende e contrattacca: "non ho mai visto e conosciuto" Fathi. L'ex ministro ha invece ammesso rapporti sia con Balducci che con Anemone. In particolare, quest'ultimo si è occupato di "alcuni lavori in campagna da me - ha spiegato Lunardi - interventi specialistici che solo lui poteva fare. Si tratta di lavori che ho regolarmente pagato, le carte lo dimostrano". Operazioni lecite, prosegue, anche per quanto riguarda l'acquisto di un immobile a Roma di proprietà di Propaganda Fidae. "Ho acceso un mutuo - dice Lunardi - ho i documenti in regola e posso provarlo". I pm perugini, prima di decidere le prossime mosse, attendono anche i risultati della rogatoria internazionale avviata nei giorni scorsi, poichè dalla Banca d'Italia sono arrivate segnalazioni che riguardano depositi all'estero riconducibili sia a Balducci sia a Rinaldi: la procura del Lussemburgo ha segnalato l'esistenza di conti correnti per 2 milioni e di Balducci per 3, mentre in Svizzera sarebbe stato acceso un contro da Rinaldi la cui entità non è stata accertata. 02 maggio 2010
Pdl: Bocchino, mia moglie fa lo stesso lavoro dei Berlusconi "È vero che mia moglie ha contratti con la Rai per diversi milioni, in quanto titolare di una società che produce fiction, vendendole anche alla Tv pubblica. Fanno altrettanto le società della famiglia Berlusconi, che sono infatti i primi fornitori della Rai" attraverso la Endemol. Italo Bocchino non fa sconti a Berlusconi, dopo che è stato costretto a dimettersi da vicecapogruppo del Pdl alla Camera e messo sotto inchiesta dal "Giornale" per il fatto che la moglie vende i suoi programmi alla Rai. "Non lo trovo scandaloso", aggiunge il parlamentare: "La Endemol è una grande società che fa produzione, ricchezza e audience. Quello che troverei scandaloso sarebbero scelte al di fuori della normativa vigente". E aggiunge: "Se vogliamo fare un codice etico per cui con la Rai non possono avere nulla a che fare i parenti fino al sesto grado di chi siede in Parlamento, io sarei d'accordissimo: però il maggior colpito sarebbe Berlusconi, che è il maggior beneficiario insieme ai suoi figli". "Mia moglie -spiega l'esponente del Pdl- fa quello di mestiere, e i prezzi indicati dall'articolo sono quelli di mercato. Ricordo che l'ho conosciuta nel '93, e che lei già nel '90 aveva prodotto due documentari firmati da registi importanti per la Rai, in occasione dei Mondiali di calcio". Secondo Bocchino non è un atto illecito che i familiari d i esponenti politici producano programmi per la Rai: "Se vogliamo fare un codice che lo vieti, io sono d'accordo. Ma al momento è un atto lecito, non riesco a capire come si fa a considerarla un'accusa. È come se io accusassi il premier del fatto che il maggior produttore di programmi per la Rai siano le società di Berlusconi e dei suoi figli...". Il partito "Il ruolo di un grande partito è quello di un esercizio serio della democrazia interna che non può portare alla marginalizzazione di un dirigente politico al quale non vengono addebitati errori nella conduzione del gruppo parlamentare, ma vengono addebitati giudizi non soddisfacenti verso il leader del partito", dice Bocchino. "La nostra - ribadisce Bocchino - è una scelta politica e andiamo avanti con la nostra battaglia che è interna al partito che vogliamo più forte, più democratico, più partecipato e più attento sui temi trascurati in questi anni". Le riforme La riforma della Costituzione "è molto importante" ma "non interessa i cittadini", mentre la riforma della giustizia "interessa solo il 6% degli italiani, gli altri no". I cittadini hanno altre priorità: "Fisco più equo, lavoro, previdenza". Il finiano riscrive le priorità delle riforme, derubricando quella riforma della giustizia indicata da Silvio Berlusconi come primo punto da affrontare. "Gli italiani sono interessati a 3 riforme - sostiene Bocchino - cui deve mettere mano il governo. In primo luogo, un fisco più equo: bisogna fare pagare tutti, con sanzioni più severe e anche le manette agli evasori. Poi il lavoro: il Governo ha fatto un ottimo lavoro, la disoccupazione è all'8%, è alta, ma in Ue è al 10 e in Spagna al 20%. Ma ora bisogna riformare il mercato più flessibile ma senza sacche di precariato con diritti compressi". Terza riforma, la previdenza: "Stiamo invertendo l'ordine naturale, i nonni e i padri stanno mangiando la ricchezza di figli e nipoti, lasciandogli una previdenza che li lascerà indebitati e costretti a lavorare ancora più a lungo. Noi avevamo fatto una riforma perfetta, la Maroni, purtroppo cancellata dal Governo Prodi. Dobbiamo riprenderla". 02 maggio 2010
2010-04-30 Casa con vista: scoppia il caso Scajola di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore La discrezione è tutto. Nella tranquillità della via sormontata dalla Torre degli Annibaldi, dove un tempo venivano barbaramente appese le mani dei ladri, l’unica traccia della presenza del ministro sono le sue iniziali, "C. S.", sul citofono dell’unica palazzina moderna incastonata nella collina di via del Fagutale. Nascosta tra i cespugli una targa ricorda che qui Sordi ha girato "Un americano a Roma". "All’attico c’abita Lory del Santo", s’improvvisa cicerone un tassista. "E pure Raoul Bova". La vista, comunque, davanti mozza il fiato: le arcate del Colosseo, l’Arco di Costantino. Via dei Fori imperiali è appena 49 gradini più in basso. Dietro casa, la splendida chiesa di San Pietro in Vincoli. Un angolo di paradiso che Scajola divide i vicini frati di San Francesco Di Paola e con gli studenti della bellissima facoltà di ingegneria. Il ministro giura che per comprarlo ha acceso un muto di quasi 600 mila euro. Ma, secondo la procura di Perugia, l’architetto Zampolini ci avrebbe aggiunto ottanta assegni, 900mila euro, provenienti dalla cricca di Anemone e Balducci, versati direttamente alle vecchie proprietarie. Al citofono di "C.S." non risponde nessuno. Il ministro, dal mattino, è nel suo studio al ministero di via Veneto. Asserragliato. Le telecamere aspettano in strada una sua dichiarazione. Macché. Il ministro non si fa vedere nemmeno al convegno sul ritorno al nucleare, che si tiene nel palazzo affianco. Nel mezzo della bufera, all’interno del palazzone ministeriale si alternano monsignor Paglia, vescovo di Terni e di Sant’Egidio. E il consigliere politico del ministro, Ignazio Abrignani. Vanno e vengono frati e prelati. I rapporti con le gerarchie ecclesiastiche, da ex dc, Scajola li ha sempre curati con attenzione. Tanto che nel 2004 monsignor Crescenzio Sepe fece di tutto perché sua moglie, esperta d’arte, fosse inserita nel Comitato scientifico del museo che sarebbe dovuto sorgere nel palazzo della Propaganda Fide a piazza di Spagna. Proprio quel progetto per cui Sepe si era rivolto al fidatissimo Balducci, ma che, nonostante i tanti soldi spesi dallo Stato, non andò mai in porto. Da via Veneto, l’unica cosa che trapela, poco prima di pranzo, è una nota che parla di "oscuri manovratori" e di "violenza che colpisce il mio privato" e comunica lo suo stato d’animo del ministro. Essere finito nelle carte dell’inchiesta sulla cricca Anemone lo considera nel novero delle "cose incomprensibili che nella vita possono capitare". "La mia coscienza - dice - è pulita, proseguo con la massima serenità il mio lavoro". I suoi ripetono che di quegli assegni il ministro non sapeva nulla. La nota nel merito non ci entra nemmeno: "per rispetto alla Magistratura". Il resto della giornata scorre in apnea, fino alla benedizione del premier, che il ministro va a raccogliere a Palazzo Grazioli, mentre su di lui si scatena la bufera. Da una parte, la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro chiede che Schifani chiami Scajola in parlamento a chiarire la vicenda. Dall’altra, Di Pietro che davanti a "un ministro della Repubblica che avrebbe ricevuto assegni nell'esercizio delle sue funzioni per comprare immobili con modalità non lecite" invoca già le dimissioni. L’idea - dicono i suoi - avrebbe sfiorato lo stesso Scajola. "Non ti preoccupare, finirà tutto in una bolla di sapone", lo rassicura Berlusconi, nel tu-per-tu a Palazzo Grazioli, mentre il resto del Pdl fa quadrato: "Le accuse sono inconsistenti - lo incoraggia il premier -, vai avanti così, devi stare sereno, sono con te". 30 aprile 2010
L'interesse del ministro per il Salaria Sport Village di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore Fatti. E non, come dice il ministro Scajola, "inspiegabile gogna mediatica da cui non mi lascerò intimorire". Un’evasione fiscale documentata da ottanta assegni circolari, tutti già acquisiti in copia dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, per un totale di 900 mila euro. Si tratta di un illecito amministrativo, non penale, è il ministro non è, al momento, indagato. Di sicuro, però, è qualcosa di politicamente assai scorretto che in altri paesi avrebbe già fatto scattare le dimissioni. Per almeno altri due motivi, oltre il "dettaglio" dell’evasione fiscale. Il primo: la consegna di quegli assegni circolari utilizzati per acquistare un magnifico appartamento di nove vani e mezzo con vista sui Fori Imperiali e il Colosseo è avvenuta "alla presenza dello stesso ministro negli uffici di via della Mercede in una sala riunioni penso nella disponibilità dello stesso ministro" racconta a verbale Barbara P., una delle due venditrici dell’immobile. Il secondo: gli assegni consegnati dal ministro provengono dal conto corrente di un professionista – l’architetto Angelo Zampolini – legato agli affari della cricca dei grandi appalti (il costruttore Anemone e i grand commis Balducci, Della Giovanpaola e De Santis, tutti in carcere per corruzione dal 10 febbraio) - e su cui pende una richiesta di arresto con l’accusa di riciclaggio "delle somme oggetto della corruzione" da parte della procura di Perugia. Gli sviluppi d’indagine dei magistrati umbri – Centrone, Sottani, Tavernese – e degli investigatori (finanza, carabinieri e polizia) hanno raccontato come tra le varie "utilità" messe a disposizione da costruttuori e professionisti in cambio di appalti e grandi opere, ci fosse anche l’acquisto della casa. Tra il 2004 e il 2006 i fondi neri di Anemone gestiti da Zampolini vengono utilizzati per comprare la casa al figlio di Balducci (435 mila euro), all’allora ministro per l’Attuazione del programma Claudio Scajola (900 mila), al generale della Guardia di Finanza poi in forza all’Aisi Francesco Pittorru. Ora, se il cambio-merce frutto della corruzione da parte di Balducci e di Pittorru è già stato evidenziato dalle indagini (appalti e ristrutturazioni alla ditta Anemone grazie anche al Nos, nulla osta sicurezza necessario per entrare in appalti di caserme e edifici coperti dal segreto), non risulta agli atti quale sarebbe stato "il favore" fatto da Scajola agli imprenditori. Sempre che il favore ci sia stato perché in linea teorica è assolutamente possibile che Anemone-Zampolini abbiano voluto fare un regalo al ministro. Una possibilità di cui sono poco convinti gli investigatori. Che stanno spulciando e incrociando dati di incarichi e appalti a favore della cricca e che possono aver interessato in qualche modo il ministro. Allora – nel 2004 – ma anche oggi, dal 2008 in poi. Il sospetto nasce da una richiesta avanzata dallo stesso ministero per lo Sviluppo economico di cui oggi è titolare Scajola. Il 12 marzo scorso, mentre i giornali raccontano ormai da giorni i dettagli del sistema gelatinoso, gli uffici di Scajola inviano una nota al Nucleo speciale di polizia tributaria in cui chiedono di avere notizie "in merito alle irregolarità eventualmente accertate a carico delle due società fiduciarie Stube e Fidear". Il ministero è preoccupato perché notizie di stampa dicono che le due fiduciarie – titolari del Salaria sport village di Anemone e Balducci – sarebbero al centro di un giro di corruzione e riciclaggio. Scajola, i suoi uffici, vogliono sapere "ai fini dell’adozione di provvedimenti di propria competenza". La Guardia di finanza non solo non ha risposto ma ha segnalato lo strano interessamento ai magistrati perugini. Che rapporti aveva il ministero di Scajola con Anemone e il Salaria Village? Incuriosisce sapere anche come il ministro Scajola il 29 luglio 2004 è stato nominato presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni di Cristoforo Colombo. Si tratta di verificare ora che tipo di incarichi aveva questo comitato. E quale capitolo di spesa a disposizione. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori anche gli appalti e le commesse del ministero per lo Sviluppo economico. Molte cose le potrà spiegare lo stesso ministro quando sarà chiamato dai magistrati di Perugia. E magari alla fine si tratterà "solo" di una cospicua evasione fiscale. 30 aprile 2010
2010-04-29 Scajola, grandi appalti e favori. Gli assegni in nero del ministro di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore "Questi quaranta assegni circolari emessi dalla Deutsche Bank il 6 luglio 2004 per un totale di 450 mila euro mi sono stati consegnati dal ministro Scajola in persona all’atto della vendita di un appartamento a Roma in via del Fagutale 2. Tale atto si è concretizzato in una sala riunioni in via della Mercede (sede del ministero delle Attività produttive di cui Scajola era il titolare nel 2004, ndr). L’immobile che era di proprietà mia e di mia sorella è stato venduto per un importo complessivo di un milione e 700 mila euro anche se nell’atto di compravendita è stata dichiarata la cifra di 600 mila euro". Il 23 di marzo Beatrice P. racconta per filo e per segno ai pm di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavernesi come un ministro della Repubblica evade il fisco per 900 mila euro. E come tutto questo, che non è un reato penale ma amministrativo e tributario, sia avvenuto nelle stanze del ministero. Un verbale identico è stato reso lo stesso giorno, un’ora più tardi, da Barbara P. sorella di Beatrice, comproprietaria della casa vista Fori Imperiali acquistata da Scajola e destinataria di altri 40 assegni circolari per un totale di 450 mila euro. Le sorelle I due verbali che inchiodano il ministro al ruolo di evasore fiscale (Scajola non è indagato) sono solo una parte dei nuovi sviluppi dell’inchiesta sul sistema gelatinoso messo in piedi dalla cricca di via della Ferratella e dalla Protezione civile su cui da metà febbraio indaga la procura di Perugia che a sua volta ha ereditato i fascicoli da Firenze. I sostituti del capoluogo umbro, coordinati dall’aggiunto Centrone, non hanno perso tempo. Hanno delegato nuove indagini al Ros dei Carabinieri, alla Polizia e alla Guardia di Finanza. E il sistema gelatinoso – sistema corruttivo di favori e scambi merce di ogni tipo, dal sesso alla costruzione della piscina, dal posto di lavoro alla macchina in cambio di appalti agevolati e fatture gonfiate – allunga la lista delle cosiddette "utilità". Tra i favori infatti c’è un anche un sistema consolidato di acquisto delle case in cui i soldi, almeno la parte a nero, viene offerta direttamente dal costruttore Diego Anemone tramite due professionisti di fiducia, il commercialista Stefano Gazzani e l’architetto Angelo Zampolini. Anemone avrebbe pagato casa non solo a Scajola (900 mila euro), ma anche al figlio di Angelo Balducci (435 mila euro in assegni circolari) e ai due figli del generale della Guardia di Finanza Francesco Pittorru (uno di quelli che passava informazioni sullo stato delle indagini riceve 285 mila e 520 mila euro). Per spiegare questo nuovo e decisivo passaggio dell’inchiesta occorre chiarire che indagini patrimoniali e finanziarie nonché verifiche della Banca d’Italia che portano all’estero (Svizzera e Lussemburgo e San Marino) hanno convinto investigatori e inquirenti che il gruppo Anemone si è creato negli anni "svariate provviste dove andare a prendere i soldi necessari per ungere l’amministratore pubblico di turno". Accertamenti bancari hanno dimostrato che nel 2004, quando il ministro Scajola acquista casa, è Anemone che versa qualche milione di contante sul conto di Zampolini da cui poi escono gli assegni circolari per il nero. Anche gli altri appartamenti - per Balducci e Pittorru – vengono acquistati nel 2004 nello stesso modo. La procura sta cercando di capire di quali appalti o grandi commesse può aver beneficiato Anemone in quel periodo – o subito prima o subito dopo - per dover ricompensare i suoi amici funzionari pubblici. E’ un fatto che a marzo scorso, quando i giornali raccontano l’inchiesta Grandi Eventi, l’arresto di Anemone, Balducci, De Santis e Della Giovampaola con l’accusa di corruzione (sono ancora in carcere), Scajola si preoccupa e chiede informazioni alla Guardia di Finanza su Stube e Fidear, fiduciarie di Anemone, "al fine dell’adozione di provvedimenti di propria competenza". Che legame c’è ancora oggi tra il ministero dello Sviluppo Economico e Anemone? Gli investigatori hanno apposto il segreto istruttorio. Trovati i fondi neri (o presunti tali) del gruppo Anemone (una segretaria A.L. ha 30 conti correnti), le indagini ora devono capire a chi altri sono andati quei soldi. Ci sarebbero "altre operazioni gemelle a favore di altri funzionari e, anche, un ex ministro della Repubblica". Anche il riciclaggio Intanto per l’accusa, oltre alla corruzione e all’abuso, sembra certa l’ipotesi di reato del riciclaggio che infatti è stata contestata in una richiesta di arresto nei confronti di Gazzani, Zampolini e Claudio Rinaldi (funzionario della Ferratela). "Gazzani e Zampolini – si legge nell’atto – quali riciclatori del denaro provento dei delitti contro la pubblica amministrazione e quali soggetti intermediari per la dazione delle somme oggetto della corruzione". Il gip di Perugia Massimo Ricciarelli ha rigettato la richiesta il 12 aprile. "È competente la procura di Roma" ha scritto. Sarebbe clamoroso: i nuovi sviluppi dell’inchiesta tornerebbero nella procura che non volle indagare a suo tempo e che poi cercò di far saltare l’indagine con la fuga di notizie. Clamoroso,non impossibile. 29 aprile 2010
Il Giornale attacca Fini. E Berlusconi esprime solidarietà Nuovi attacchi del Giornale a Gianfranco Fini. Questa volta nel mirino del quotidiano diretto da Vittorio Feltri finisce la 'suocera' del presidente della Camera per una notizia rilanciata ieri dal sito 'Dagospia'. La donna, madre della compagna di Fini Elisabetta Tulliani, sarebbe a capo di una società che produce programmi televisivi: uno di questi, "Festa Italiana" (trasmissione "di scarso share", secondo il Giornale) sarebbe stato pagato dalla Rai 1,5 milioni di euro. Di qui il titolo di apertura del quotidiano: "Un milione alla 'suocera' di Fini, paga mamma Rai", rafforzato dal titolo di pagina 7 "La 'suocera' di Fini fa i milioni con gli appalti Rai". Nelle pagine interne altri articoli prendono di mira Fini. C'è un retroscena sulle reazioni di Berlusconi allo smarcamento dell'ex leader di An: secondo il premier, riferisce il Giornale, Fini "abbassa i toni solo perchè è isolato. Poteva pensarci prima..."; nell'articolo viene citato un sondaggio secondo il quale la popolarità di Berlusconi è stabile mentre quella di Fini cala del 5%. Un altro articolo ("Gianfranco e 'l'abuso d'ufficiò a Montecitorio") polemizza con la decisione di Fini di ospitare nella Sala Tatarella del gruppo parlamentare del Pdl la riunione dei suoi 'fedelissimì. "Il virus di Fini sta sfasciando il Pdl" è il titolo di un ulteriore articolo sul "cofondatore" del partito: "Gira per le tv e giura di essere leale a Silvio, ma il suo tatticismo paralizza la maggioranza". Infine un resoconto della partecipazione di Fini a Ballarò: "Fedele, ma anche critico. Da Floris non lascia il segno". "Esprimo la più convinta solidarietà a Gianfranco Fini per gli attacchi personali che quest'oggi il Giornale gli ha mosso": lo dice il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una dichiarazione. "La critica politica, anche più severa, non può trascendere in aggressioni ai familiari e su vicende che nulla hanno a che fare con la politica. Tali metodi, che assai spesso ho dovuto subire personalmente, non vorrei mai vederli applicati, specie su giornali schierati con la nostra partepolitica", conclude. 28 aprile 2010 |
il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com/2010-05-02 Scajola presto dai magistrati di Carmine Fotina e Marco Ludovico commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 Maggio 2010 Scajola presto dai magistrati "Dai nostri archivi" Verifiche su altri politici: ancora acquisti sospetti Inchiesta sulle grandi Opere, l'ex autista di Balducci accusa Lunardi Si arena l'inchiesta sugli appalti del G-8 Scajola: "Colpita la famiglia, ma ho la coscienza pulita" Scajola: non mi faccio intimidire Claudio Scajola sarà sentito presto dai magistrati. Mentre l'inchiesta sulle dubbie compravendite immobiliari e gli affari illeciti fatti da vip e politici con "la cricca del G8" si sta allargando. È di ieri la notizia che, in base a una nuova testimonianza, spunta nell'indagine di Perugia il nome di Pietro Lunardi, già ministro delle infrastrutture. Ma si parla anche di un titolare in carica di un dicastero del governo, di un parlamentare Pdl, di un assessore regionale. Scajola, intanto, sarà ascoltato dai pubblici ministeri della procura di Perugia, in qualità di testimone. È in questo ruolo, per ora, che il ministro dello Sviluppo Economico entrerà ufficialmente a colloquio con i pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani. I procuratori gli chiederanno spiegazione del perché Diego Anemone, ora in carcere per corruzione e facente parte della "cricca", come l'hanno definita i pm, insieme ai funzionari dei Lavori pubblici Angelo Balducci, Mauro Della Giovanpaola e Fabio De Santis, incaricò l'architetto Angelo Zampolini – che gli stessi pm vorrebbero arrestare per riciclaggio – di pagare con 900mila euro, in assegni circolari, una casa romana di 180 metri quadri con vista sul Colosseo. Un'abitazione pagata secondo rogito poco più di 600 mila euro, a cui si sarebbero aggiunti per la parte venditrice gli assegni circolari di Zampolini. La scelta dei pubblici ministeri di sentire Scajola come testimone, se in apparenza fa entrare in procura il ministro dello Sviluppo economico come non indagato, in realtà potrebbe rivelarsi un boomerang per l'interessato. Perché, stando alle carte, il rischio è che i pm possano trarre, dalle dichiarazioni rese da Scajola, conferme alle loro ipotesi investigative, e trasformare la sua posizione da testimone a incriminato. Poi, certo, la vicenda passerà al tribunale dei ministri, presso la procura di Roma. Ma intanto le difese più volte espresse in pubblico dal ministro sulla sua assoluta innocenza comincerebbero a vacillare. Sul confronto con i magistrati, come persona informata dei fatti, Scajola chiarisce di aver proposto un incontro a breve, "compatibilmente con i miei impegni di governo". Ieri, nel corso di un pomeriggio particolarmente difficile, Claudio Scajola ha approntato insieme al legale di fiducia e ai più stretti consiglieri i punti chiave della difesa volta ad allontanare quelle che sono giudicate tesi infondate. "Degli assegni circolari consegnati alle due proprietarie ho letto solo sui giornali. Con l'imprenditore Diego Anemone nessun legame o appalto sospetto, e l'architetto Angelo Zampolini lo ricordo appena". Questa l'essenza della versione del ministro. L'intenzione, ad ogni modo, è di andare avanti, senza ripetere quanto accadde con il caso Biagi, "non avendo colpe". Nella sua ricostruzione Scajola, che sottolinea a più riprese di non essere indagato, di fatto smentisce la versione delle due signore con cui nel 2004 firmò il rogito per l'appartamento nell'ufficio da ministro dell'Attuazione del programma. Finora non c'è nessuna versione ufficiale sui verbali delle due proprietarie – è il punto chiave della replica – e anche la testimonianza del notaio apparirebbe poco salda, quantomeno contraddittoria per quanto riportato finora sui giornali. In ogni caso, ammesso che la versione delle due signore fosse agli atti – è il ragionamento – si tratterebbe della loro parola contro quella del ministro. Fu Angelo Balducci, ex provveditore alle Opere pubbliche, ad aiutare Scajola nella ricerca di un appartamento nel periodo in cui, da ministro dell'Attuazione, risiedeva a Roma in albergo. Vago il ricordo di Zampolini, a sua volta conoscente di Balducci, e artefice, secondo gli inquirenti, del passaggio di 900mila euro da contanti ad assegni circolari poi finiti alle proprietarie dell'appartamento di via del Fagutale. Circostanza smentita da Scajola, che sottolinea ancora di aver pagato, al momento del rogito, la somma pattuita pari a 610mila euro con mutuo acceso con il Banco di Napoli. Un valore che, secondo il ministro, nonostante la prestigiosa vista sul Colosseo, sarebbe congruo considerato che si tratta di un ammezzato, acquistato in condizioni non ottimali. Quanto all'imprenditore Anemone, Scajola ricorda di averlo incontrato in alcune circostanze dopo essersi insediato al Viminale, perché una sua ditta era già stata precedentemente incaricata di eseguire la messa in sicurezza dell'alloggio di servizio che viene assegnato a ogni ministro dell'Interno. Nessun appalto, è la tesi, sarebbe stato agevolato. Scajola: "Colpita la famiglia, ma ho la coscienza pulita" 1 Maggio 2010
2010-04-30 2010-04-29 Il Giornale attacca "la suocera" di Fini, ma Berlusconi difende Gianfranco 28 aprile 2010 Il Giornale attacca "la suocera" di Fini "Dai nostri archivi" Bocchino agita le acque nel Pdl e Bondi attacca Fini Il Giornale in vendita? Feltri cade dalle nuovole VISTI DA LONTANO / La stampa estera sente aria di rottura definitiva Pdl a rischio implosione Battaglia nel Pdl sui vertici del gruppo a Montecitorio Il Giornale diretto da Vittorio Feltri, di proprietà del fratello del premier Silvio Berlusconi, nell'edizione in edicola torna ad attaccare il presidente della Camera Gianfranco Fini, cofondatore del Partito delle Libertà. Lo fa dedicandogli l'apertura della prima pagina, prendendo di mira questa volta la madre di Elisabetta Tulliani, attuale compagna dell'ex leader di An, titolare di una società che cura la produzione di un programma televisivo su Rai Uno. Scrive Il Giornale, nella firma di Laura Rio, che tra i produttori della tv di stato "c'è fibrillazione per la rottura tra finiani e berlusconiani". Tra di essi c'è anche "Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini Elisabetta. Al "cognato" Tulliani, attraverso un intricato sistema di società, è riconducibile la realizzazione di una parte di Festa italiana, programma del pomeriggio condotto da Caterina Balivo su Rai Uno, la rete diretta dal finiano doc Mauro Mazza. Lo spazio si chiama, Per capirti una sorta di talk dedicato al rapporto tra genitori e figli (...). Un lavoretto che viene lautamente ricompensato: un milione e mezzo di euro. Precisamente ottomila euro a puntata per 183 puntate (...). Nel complicato sistema di scatole cinesi, la maggioranza della società che produce la trasmissione, denominata Absolute television media, (siglia At media) è detenuta da Francesca Frau (....) la mamma di Elisabetta e Giancarlo Tulliani, dunque la "suocera" di Fini". La vicenda è stata raccontata ieri sul sito Dagospia e ripresa dal Giornale. Secondo il quotidiano diretto da Feltri la società di produzione televisiva sarebbe riconducibile ai fratelli Tulliani. La signora Frau, 63 anni, sarebbe solo la titolare della società, perché a Roma nessuno la conosce nel giro dei produttori tv. Fini incassa, però, la solidarietà del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Esprimo la più convinta solidarietà a Gianfranco Fini per gli attacchi personali che quest'oggi il Giornale gli ha mosso", afferma in una nota il premier. "La critica politica, anche più severa, non può trascendere in aggressioni ai familiari e su vicende che nulla hanno a che fare con la politica. Tali metodi, che assai spesso ho dovuto subire personalmente, non vorrei mai vederli applicati, specie su giornali schierati con la nostra parte politica", conclude il presidente del Consiglio. Bocchino agita le acque nel Pdl e Bondi attacca Fini Calderoli rilancia il federalismo fiscale: l'alleanza con Fini non è in discussione 28 aprile 2010
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